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 ILVA Taranto. Quale futuro per la città?

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
giuseppe nuovo Inserito il - 30/07/2012 : 19:24:57

Come saprete esiste un provvedimento di sequestro dell'impianto ILVA a Taranto.
Per chi tratta di 'ambiente', sviluppo ecosostenibile, green economy è un momento importante di riflessione e approfondimento.
Da un lato la salute dei cittadini, una economia ed un territorio devastato con la negazione di uno sviluppo vocato al mare, al turismo, all'agricolturo, alla itticoltura... dall'altra la perdita di lavoro per migliaia di lavoratori disperati e sfruttati ai quali non gli si può dire di trasformarsi in qualcos'altro da un giorno all'altro,
In mezzo una classe imprenditoriale rapace e assassina; una classe politica immobile per ignavia o corruzione (come dimenticare il populismo di Cito e il dissesto finanziario del comune?); i sindacati che apparentemente si pongono in mezzo tra la difesa dell'occupazione e la salvaguardia della salute ma che in realtà pendono nettamente per la 'difesa' del lavoro diventando complici ed alleati del 'padrone'.
Come è consetudine in Italia c'è voluta la magistratura a fissare dei paletti una volta dimostrato, senza ombra di dubbio, come se ce ne fosse ancora bisogno, che l'ILVA uccide... e tanto. Uccide direttamente, lentamente, inesorabilmente... le persone, l'economia, il territorio intero, il futuro.
In questo post cercherò di tenere aggiornata la situazione... si tratta del nostro futuro.
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http://www.nuovaresistenza.org/2012...#more-156797

Taranto, cercando un futuro – E – il mensile online
Pubblicato 30 luglio 2012 | Da ken sharo

Christian Elia

La decisione, secondo fonti di stampa, dovrebbe arrivare nel giro di poche ore. Il gip Patrizia Todisco, avrebbe firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, oltre a disporre misure cautelari per alcuni indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell’azienda.

Tra la polvere delle carte bollate, restano tracce del ricatto occupazionale: gli operai sono scesi in strada per urlare la loro disperazione. “Chiederò che il provvedimento di riesame avvenga con la massima urgenza”, fa sapere il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. “Verrà affrontata l’emergenza per almeno 15mila persone in seguito a iniziative della magistratura che sta procedendo al sequestro e a altre misure cautelari”.

I sindacati, come si è già osservato in altre occasioni, sono in mezzo al guado: si mobilitano e lottano per salvare i posti di lavoro a rischio, pur consapevoli che ogni giorno, quel cartellino timbrato, può essere una tacca, una stazione di passaggio verso la malattia, la morte, il dolore di genitori, figli e coniugi. Ma senza lavoro come si fa? Frasi ascoltate all’Eternit di Casale Monferrato e altrove: ”Posso ammalarmi oppure no, ma di fame muoio di sicuro”.

La politica, in imbarazzo. Il governatore della Puglia, Nichi Vendola, che tra le promesse della campagna elettorale del suo primo mandato aveva parlato al cuore di Taranto, promettendo un futuro. Ora il governatore, in un tavolo tecnico con il ministero, si affretta a trovare soluzioni che fino a quando non si è palesato l’intervento della magistratura erano rimaste lettera morta.

Perché in fondo Taranto è una città ferita, dove l’Ilva e i suoi morti sono solo l’ultimo di una serie di dolori imposti a una città che ha sempre avuto nel suo mare, nei suoi due mari, il suo senso. Una città che più di altre ha vissuto il boom dell’Italia che si sognava grande potenza industriale, svegliandosi nell’incubo della crisi e dell’inadeguatezza. Quell’Italia che straparla di Tav e ponte sullo Stretto di Messina, ma dove per un viaggio da Bari a Reggio Calabria in treno vanno messe in conto undici ore.

Taranto sembra una polaroid, di un modello in scala. Un’Italia in miniatura, di quelle buone per famigliole e turisti in gita. Il comune, nel 2006, si sveglia fallito. Il più grande dissesto finanziario di un ente locale, un buco di quasi 500 milioni di euro, un sindaco travolto dagli scandali, stipendi d’oro che hanno arricchito un clan di burocrati, un prefetto nominato a governare quella Puglia diventata famosa per Giancarlo Cito, osceno mix tra populismo e fascismo accattone.

Un disavanzo di oltre 83 milioni di euro nel 2004, lievitato a quasi 138 milioni nel 2005. I debiti fuori bilancio sfioravano i 150 milioni. Gli oneri latenti sono di quasi 160 milioni di euro. Il commissario straordinario stima con precisione il “buco” fra i 446 e i 447 milioni. Con un trucco le voci passive le hanno trasformate in attive, i debiti in crediti, nelle entrate sono finite le voci “uscite” delle partecipate e voci incerte come quelle dei tributi ancora non riscossi. Una contabilità taroccata dal primo all’ultimo numero. Anche il calcio ci si mette. Una bufala illude una città intera, con una voglia matta di un sorriso. Si parla di ripescaggio, di serie B. Invece è solo un’altra beffa.

Ruberie, politici capaci di distruggere e mai di costruire, il lavoro svanito salvo tenerselo stretto a costo della salute. E ti resta solo da guardare quel che resta della Magna Grecia. Il porto, il cuore, che potrebbe finire in mano ai cinesi. Ma forse si tirano indietro pure loro, spaventati da promesse di infrastrutture, leggi che bloccano la crescita, ma che non riescono a proteggere nessuno dalla corruzione e dal furto. Si aspetta la decisione del gip. Si aspetta un domani differente. Buona fortuna Taranto.
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http://www.ilsole24ore.com/art/noti...uid=AbahiiGG

Ilva Taranto, al via la procedura per il sequestro degli impianti
30 luglio 2012

Con l'arrivo a Taranto dei custodi nominati dal gip, sono di fatto cominciate le procedure per eseguire il sequestro di sei impianti dell'area a caldo dell'Ilva disposto dalla magistratura giovedì scorso. I tecnici sono incaricati dal gip di «avviare le procedure tecniche per il blocco delle specifiche lavorazioni e per lo spegnimento».I sindacati chiedono di incontrare l'azienda. Intanto, per «impegni sopravvenuti», è stato rinviato a data da destinarsi l'incontro che il presidente dell'azienda Ferrante avrebbe dovuto avere con il procuratore di Lecce. Il Codacons ha presentato la denuncia contro i ministri dell'Ambiente e della Salute. Parte oggi l'azione di risarcimento in favore dei cittadini.

L'incontro con i dirigenti dell'Ilva
I quattro custodi sono giunti all'interno del siderurgico attorno a mezzogiorno; stanno incontrando la dirigenza dell'Ilva, per stabilire le procedure di chiusura degli impianti, che richiederanno tempi lunghi. I custodi giudiziari sono stati incaricati di sovrintendere alle procedure, osservando «le prescrizioni a tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica e a tutela dell'integrità degli impianti».

Odg del Comune: cabina di regìa per Taranto
Sulla questione dell'Iva è intervenuto anche il comune di Taranto: Il consiglio ha approvato un ordine del giorno riguardante la «preoccupante situazione ambientale e produttivo-occupazionale verificatasi in seguito alle vicende dell'Ilva». Nel documento si impegna il sindaco a compiere tutti gli atti necessari, tra cui l'attivazione di una «cabina di regia per Taranto», per il governo del territorio e quindi dell'ambiente in una visione equilibrata che coniughi il diritto al lavoro con quello alla salute entrambi costituzionalmente garantiti. Nel documento, che è stato approvato con 23 voti a favore, due astenuti e tre contrari (gli ambientalisti chiedevano un documento più incisivo) si impegna il sindaco a «vigilare sul pieno e puntuale rispetto degli accordi e degli impegni pubblici oltre a quello della parte privata informando costantemente il Consiglio comunale affinchè possa seguire gli sviluppi della questione Ilva».

Confindustria e istituzioni locali: non si chiuda la fabbrica
«L'Ilva di Taranto non può essere chiusa ma bisogna procedere concretamente sulla strada che salvaguardia la produzione e il lavoro con la difesa dell'ambiente e della salute». Lo hanno ribadito oggi, in un'assemblea congiunta, Confindustria e rappresentanti politici e istituzionali, amministratori locali e parlamentari. Questi ultimi hanno chiesto a Confindustria di predisporre un documento in modo da portarlo poi all'attenzione del Governo. L'associazione delle imprese ha anche chiesto di essere più attivamente coinvolta ai tavoli nazionali che
affrontano il caso Taranto. «C'é grande preoccupazione, vogliamo confrontarci con tutti, essere attori e protagonisti di quello che avverrà nel nostro territorio», ha affermato Enzo Cesareo, presidente di Confindustria Taranto. «Le aperture del presidente Ferrante sono positive - ha continuato - le apprezziamo. Sono sicuro che così si creeranno le condizioni per evitare lo stop dello stabilimento di Taranto».
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http://bari.repubblica.it/cronaca/2...va-39940065/

Ilva, il piano per spegnere gli altiforni ma la Procura per il momento frena
Ci vogliono dai sette ai dodici mesi per completare la procedura. Tra costi altissimi e pericoli di esplosioni
di GIULIANO FOSCHINI

C’è un punto esatto dal quale parte la nuova storia dell’Ilva. Quel punto è a pagina 295, l’ultima, del provvedimento di sequestro dell’impianto firmato dal gip Patrizia Todisco. In quelle righe il giudice consegna lo stabilimento a tre custodi. Si tratta di dirigenti dell’Arpa che dovranno procedere allo spegnimento dell’impianto. Ecco, quei tecnici al momento non hanno ancora preso l’incarico. Non li ha chiamati nessuno. Evidentemente nessuno, nemmeno la Procura, vuole arrivare allo spegnimento dell’impianto. Però vuole controllarne la nuova vita, evitando che si continui a fare come si è fatto sino a oggi: «La mattina rispettavano la legge e la notte la violavano» per usare le parole del procuratore generale, Gaetano Vignola.
Ma
è dal provvedimento di sequestro che bisogna partire per spiegare la nuova vita dell’Ilva. «Per tutti gli aspetti tecnico- operativi - scrive il giudice nel decreto di sequestro - gli ingegneri dell’Arpa Barbara Valenzano, Emanuele Laterza e Claudio Lofrumento i quali avvieranno immediatamente le procedure tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti sopra indicati, sovrintendendo alle operazioni e assicurandone lo svolgimento nella rigorosa osservanza delle prescrizioni a tutela della sicurezza e incolumità pubblica e a tutela della integrità degli impianti». Dovranno essere questi tre ingegneri quindi, almeno sulla carta, a dover spegnere l’impianto. Una procedura che durerebbe dai sette mesi a un anno. «Al netto dei guasti - ha spiegato il professor Carlo Mapelli, docente di Metallurgia al Politecnico di Milano, al sito siderweb. com - il tempo per rimandare a regime l’area a caldo sarebbe tra i sei e gli otto mesi».
Per spegnere un’acciaieria come l’Ilva non si chiude un rubinetto. Né basta muovere una manovella. Lo stabilimento pugliese è il più grande d’Europa, si estende su una dimensione due volte Taranto. Producono acciaio per mezza Europa: come? Nella cockeria viene inserita la materia prima, il carborne fossile, che viene trasformato in carbon coke. Il coke insieme con il calcare e il minerale di ferro viene inserito nell’altoforno dal quale viene fuori la ghisa liquida. E quindi l’acciaio. Taranto produce circa 10 milioni di tonnellate di accaio, a fronte delle 29 complessive che vengono prodotte in Italia. È un terzo dell’intero mercato. Comunque, per spegnere la cokeria servono dai due ai quattro mesi, dicono i tecnici: bisogna spegnere i circa 200 che si trovano uno dopo l’altro e che compongono la batteria. Quando anni fa fu ordinato il sequestro delle cockerie, i Riva di fatto non spensero mai i forni ponendo tutta una questione di natura tecnica tant’è che la magistratura per essere sicura che si bloccasse la produzione fu costretta a sequestrare direttamente il carbone, la materia prima.

E soprattutto proprio su quel reparto i Riva avrebbero fatto i minori investimenti. Un motivo, sospettano gli investigatori, c’è. E anche in questo caso sarebbe da individuare nella volontà dei Riva a non spendere troppo denaro. Un impianto del genere ha un ciclo di vita di circa 40 anni. Non conviene intervenire quindi per ambientalizzarlo, quanto piuttosto tirare il più possibile, portarlo all’esaurimento e magari poi realizzarne uno nuovo oppure delocalizzare dove la produzione costa di meno e ha meno paletti. Un mese all’incirca servirebbe invece a spegnere ciascuno degli altiforni, che sono alti circa 40 metri e larghi 15. Lavorano tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24 e anche quando ci sono gli scioperi vengono comunque tenuti in funzione. Spegnerne uno può significare un impegno di spesa di circa 200 milioni di euro.

Il vero problema per un’operazione di questo tipo arriva però dalla sicurezza. Tragicamente e, paradossalmente, spegnere l’Ilva può essere anche più pericoloso che farla continuare a lavorare. Avviare le modalità di spegnimento potrebbe far collassare uno degli altiforni, provocando un’esplosione devastante. Stessa cosa nelle operazioni di spegnimento della cockeria. Tutto questo rimarrà probabilmente, però, soltanto sulla carta visto che difficilmente (al di là delle decisioni che verranno prese la prossima settimana dal tribunale del Riesame) la magistratura chiederà ai tre tecnici dell’Arpa di procedere allo spegnimento. Più possibile invece che verrà chiesto loro una serie di procedure per la riduzione della produzione o comunque per il controllo continuo, e questa volta reale, delle emissioni.
(29 luglio 2012)
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la posizione del WWF

la posizione del wwf...
ILVA di Taranto: il sequestro dopo 20 anni di inerzia
27/7/2012 - Ora si stringa un patto di ferro contro inquinamento e per la riconversione industriale

Dopo il recentissimo sequestro dello stabilimento dell’ILVA di Taranto non si ricada nell’errore di separare la questione ambientale dalla questione occupazionale, pensando che le soluzioni possano essere disgiunte, ricorda il WWF Italia e si stringa un patto di ferro che da una parte diminuisca l’inquinamento e parallelamente porti avanti la riconversione industriale.

La magistratura, venti anni dopo l’inizio del caso, con il sequestro ha attuato un atto dovuto dopo lunghissime indagini e perizie. Certamente tutto ciò doveva arrivare ben prima, visto che l’area industriale dell’ILVA è stata dichiarata prima sito a alto rischio ambientale e poi sito di bonifica di interesse nazionale senza che, prima di tutto la proprietà, avviasse un processo di risanamento e riconversione industriale.

Il ricatto occupazionale per troppi anni ha avuto la meglio sull’impatto ambientale che è ricaduto sulla città. Come richiesto dal WWF in precedenza, meglio sarebbe stato se l’autorizzazione unica ambientale rilasciata congiuntamente da molti enti, tra cui il Ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia, fosse stata data chiedendo in via preventiva interventi di riduzione degli impatti.

Oggi la strada si fa più difficile e inevitabilmente occorre oggi garantire l’aspetto sociale e quindi l’occupazione purchè si abbia l’assoluta certezza che sin da subito si pongano in essere procedure e misure per diminuire emissioni e carichi inquinanti, purchè si riprenda con forza il tema della riconversione dello stabilimento che in assenza di alternative ha purtroppo il destino segnato nell’ambito di un mercato globale.

Su queste vicende sempre alta è stata l’attenzione del WWF, che aveva depositato un ricorso avverso l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dal Ministero dell’Ambiente a favore dello stabilimento tarantino, ritenendolo carente degli strumenti burocratici, tecnici e tecnologici idonei a garantire l’ambiente e quindi la salute dei cittadini. Nel pieno rispetto dei principi di precauzione, integrazione ambientale e dell’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, il WWF ha sempre richiesto un concreto abbattimento delle emissioni prodotte dalle cokerie tarantine, un campionamento continuo e “a monte” della produzione di diossina, nonché ulteriori, più incisive, prescrizioni a tutela della salubrità ambientale della città di Taranto e della regione tutta. Recentemente il WWF si è costituito parte offesa al processo per all'inquinamento generato dagli impianti ILVA, incaricando l'avvocato Francesco Di Lauro per la difesa legale.
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http://ferdinandodubla.blogspot.it/...olitico.html

il punto di vista del Partito dei Comunisti Italiani...sabato 28 luglio 2012
ILVA di Taranto: il documento politico del PdCI

Tanti sono i soggetti che hanno la responsabilità della situazione ambientale di Taranto, a cominciare dal ruolo svolto dalla Marina Militare con le attività dell’arsenale e continuando con l’impatto di insediamenti industriali: Raffineria, Cementir e Italsider, oggi Ilva, di proprietà del gruppo Riva.
A tutto questo va aggiunta la responsabilità di tanta parte politica, quella più conservatrice che ha governato il paese e amministrato la città, che ha permesso per lunghi anni a questi soggetti imprenditoriali di fare i propri affari senza tener conto della compatibilità ambientale delle loro attività produttive.
Nello specifico, l’impennata dell’inquinamento coincide con il passaggio della proprietà della grande fabbrica dall’Iri al gruppo Riva, passaggio avvenuto in modo quanto meno strano tant’è che ancora oggi non se ne conoscono chiaramente le modalità e il costo reale.
Tutto questo ha permesso a Riva di operare senza un sostanziale controllo continuando a produrre per diciassette anni ubbidendo solo alle leggi di un mercato senza regole, sacrificando alla logica del profitto i lavoratori, la popolazione e l’intero territorio tarantino.
Riva ha messo in atto una politica di intimidazione prima e poi di attacco alla classe operaia, ai suoi diritti, al suo sindacato e perfino agli stessi valori della democrazia, sanciti nella carta costituzionale circa il ruolo sociale della proprietà e dell’iniziativa imprenditoriale privata.
Non si può dimenticare l’infamante palazzina Laf, nella quale vivevano reclusi un centinaio di lavoratori che reclamavano solo rispetto dei propri diritti e dignità, c’è voluta la magistratura e non l’azione di altri a cui spettava il dovere di farlo."
Così oggi, di fronte ad un padrone che rifiuta il confronto con le rappresentanze dei lavoratori la magistratura interviene avendo preso atto di elementi che denunciano le responsabilità dell’azienda del disastro ambientale.
Né Riva può strumentalmente utilizzare i lavoratori per attaccare l’operato della magistratura o per sottrarsi agli adempimenti per abbattere le emissioni attraverso gli investimenti necessari su innovazioni tecnologiche.
Il problema non si risolve con la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva, si tratta invece di capire che è giunto il momento di rivendicare la modifica degli impianti attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori per le responsabilità politiche, manageriali e operative.
La chiusura di una parte importante dello stabilimento di Taranto avrebbe ricadute disastrose perfino sulla tenuta occupazionale e delle attività del porto.
Taranto deve diventare un caso Nazionale: occorre quindi che il governo produca un piano di bonifica del territorio e della fabbrica e non solo di riqualificazione ambientale; esso deve interessare la messa sotto controllo delle emissioni di tutte le attività produttive.
Occorre che la classe operaia sia rappresentata con forza dalle organizzazioni sindacali nella trattativa e nel controllo delle misure adottate dal piano.
Occorre che le istituzioni: Regione, Provincia, Prefettura, Comune diventino soggetti di confronto con Ilva e di controllo del territorio sulle emissioni attraverso l’uso delle strutture pubbliche preposte come ARPA che devono vigilare con gli strumenti del caso ventiquattro ore su ventiquattro.
I comunisti Italiani, preoccupati della situazione di scontro determinatasi, sono al fianco dei lavoratori per la difesa del posto di lavoro ed esprimono solidarietà al Sindaco Stefàno condividendone a pieno la impostazione politica per la soluzione del problema
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http://www.ilmanifesto.it/attualita.../mricN/8167/

A Taranto sono tre le città da recuperare
Franco Arminio 30.07.2012

L'apocalisse di Taranto prima che nelle cartelle cliniche è nella forma della città: una bellissima città della Magna Grecia circondata una cintura di ferro, simbolo di come l'Italia sia passata dalla civiltà contadina alla modernità incivile.

Taranto è una città apocalittica, è un'apocalisse grigia, a lento rilascio. C'è una fabbrica che si è presa il mare, la terra, il cielo della città e adesso si prende anche il lavoro. Bisogna fermarsi e ragionare, si può enfatizzare l'importanza del lavoro o quella della salute, comunque siamo di fronte a un vicenda cruciale.
L'apocalisse di Taranto prima che nelle cartelle cliniche è nella forma della città: una bellissima città della Magna Grecia circondata una cintura di ferro, simbolo di come l'Italia sia passata dalla civiltà contadina alla modernità incivile. Una storia di trasformazioni che hanno cambiato il volto dell'Italia, ma non i rapporti tra dominati e dominanti.
Gli operai di Taranto provengono spesso dalle campagne ioniche, spinti dal mito del posto fisso. Negli anni sessanta in quella che allora si chiamava l'Italsider andò a dir messa anche il papa. E valenti documentaristi filmavano una fabbrica che aveva nella sua grandezza il suo mito. Insieme all'industria è cresciuta la città nuova, i negozi, gli uffici del terziario. Tutto si è mosso in un direzione che pareva di avanzamento e che col passare del tempo si è configurata come un abbraccio mortale, da città sviluppata a città impolverata: la fabbrica, il quartiere Tamburi e il cimitero, uno a fianco all'altro.
Ora la faccenda non può essere risolta con un intervento pubblico teso a rendere la fabbrica meno nociva. E bisogna sempre considerare che magari fra vent'anni scopriremo che era inaccettabile ciò che adesso consideriamo accettabile. In ogni caso il punto di partenza deve essere la condizione degli operai. Perdere il posto è una beffa ulteriore e insopportabile. Ed è singolare che lo stesso padrone abbia una fabbrica al sud che inquina il doppio di quanto inquina al nord.
Forse è la stessa logica che porta il padrone a indennizzare gli operai vittime del petrolchimico di Marghera e non di quello di Brindisi. La stessa logica che ha portato a riempire di rifiuti tossici le campagne del casertano e di tanti altri luoghi del sud: c'è sempre stato qualcuno, camorrista o semplice cittadino, che ha pensato al denaro più che alla salute, anche perché il denaro si prende subito, le malattie arrivano più lentamente.
A Taranto non c'è solo la fabbrica, c'è anche un meraviglioso museo archeologico, c'è una città vecchia sopra un'isola. È lecito chiedersi se è giusto mettere soldi su una fabbrica che non sarà mai innocua: l'acciaio non si fa coi guanti bianchi. È lecito chiedersi se non è il caso di orientare l'investimento anche in un grande piano di recupero del centro antico, per restituire alla Puglia e all'Italia un luogo importante.
È veramente il caso di spendere bene il tempo. Per studiare interventi migliorativi, ma anche per capire che la città deve da subito ricostruire le macerie del suo centro storico: nessuna città italiana ha un centro che sembra reduce da un bombardamento. Ci vuole una politica all'altezza di un luogo straordinariamente bello e complesso: c'è la fabbrica, ci sono gli operai, ma ci sono anche i contadini intorno alla città, anche loro hanno un lavoro, anche loro hanno diritto a essere tutelati. E hanno diritto a essere tutelati i bambini e gli anziani di Taranto. E anche gli ipocondriaci: le persone che tendono a sviluppare malattie immaginarie trovano tutte le condizioni per accrescere le proprie ansie. Se una mattina ti svegli con un linfonodo ingrossato fai presto a pensare che il tumore è venuto a visitare pure a te, fai presto a pensare che non è stato fabbricato nel tuo corpo, ma nella fabbrica.
Ci sono tre città: la città nuova, la città fabbrica, la città antica. Negli ultimi decenni le prime due hanno esiliato la terza sulla sua isola, gli hanno assegnato il ruolo di accogliere lo spirito accidioso della città. Questo modello che cammina su una gamba sola non è più sostenibile. Lo deve capire la classe dirigente locale e nazionale mettendo a disposizione risorse non solo per il padrone, ma per i tarantini, costruendo un nuovo modello basato sull'equilibrio tra le diverse opportunità: il porto, il museo, la città vecchia. Dare salute a queste tre realtà di fatto significa rendere la città meno dipendente dalla grande acciaieria. Come si dice in questi casi, è una grande sfida, una sfida che non può ridursi agli aggiustamenti che non aggiustano niente. E nonostante gli errori di questi giorni le uniche figure meritevoli di rispetto restano gli operai: quello che stanno facendo ci dice che esiste l'egoismo degli sfruttati, ma è sempre meno grave dell'egoismo degli sfruttatori.
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http://www.ilmondo.it/politica/2012..._64030.shtml

L MONDO / politica / 26 Luglio 2012
Ilva/ Verdi: A Taranto disastro sanitario e ambientale gravissimo
Bonelli: Magistratura ha fatto proprio dovere. Salvare posti

Roma, 26 lug. "A Taranto si è consumato il più grave
disastro ambientale e sanitario: il provvedimento della
magistratura sull'Ilva sancisce la sconfitta delle istituzioni e
della politica che nonostante fossero perfettamente a conoscenza
della tragedia sanitaria e del disastro ambientale legato
all'inquinamento non hanno fatto nulla per avviare una
conversione ecologica di un modello industriale
diossino-centrico". Lo dichiara il leader dei Verdi Angelo
Bonelli, che aggiunge: "Per anni è stata nascosta la verità ai
cittadini di Taranto e all'Italia: solo la perizia epidemiologica
e chimica della Procura è stata in grado di squarciare la cortina
di omertà e di disinformazione costruita intorno alla vicenda
Taranto. La magistratura ha fatto semplicemente il proprio dovere
in una città dove 2-3 persone al mese muoiono di inquinamento:
386 decessi negli ultimi 13 anni".

"A Taranto - prosegue - è caduta una quantità di diossina tre
volte superiore a quella di Seveso, sono stati abbattuti migliaia
di capi di bestiame. A Taranto non si possono coltivare i terreni
entro un raggio di 20 chilometri dall'area industriale, la
mitilicoltura e la maricultura, sono state fortemente
danneggiate. La diossina è entrata nel latte materno e piombo e
cadmio nelle urine. Stiamo parlando di una città dove
l'inquinamento pesa 210 chilogrammi per ogni cittadino - continua
il leader ecologista -. E' sconcertante, però, che quando si
parla di bonifiche il Gruppo Riva che negli ultimi hanno ha avuto
utili per oltre 3 miliardi non sia chiamato a contribuire. E'
assurdo che il principio che è alla base della legislazione
europea, ossia 'chi inquina paga' valga per tutto tranne che per
la vicenda Taranto".

"Il futuro di Taranto è nella conversione industriale così come è
stata realizzata a Pittsburgh, Bilbao, città dove si è
abbandonato un modello economico basato alla diossina - conclude
Bonelli -. I posti di lavoro dell'Ilva possono essere salvati
avviando subito le bonifiche che devono essere finanziate
attraverso il contributo dello Stato, dell'azienda e del Fondo
sociale europeo. Gli operai devono diventare i tecnici delle
bonifiche. E' necessario poi che Taranto venga dichiarata No-Tax
Area per almeno 5 anni, misura necessaria per per attrarre
investimenti italiani e esteri per investimenti su nuove aziende
basate sull'innovazione, la Green Economy e un modello economico
non inquinante".
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http://www.legambiente.it/contenuti...sponsabili-e

Sequestro Ilva . Legambiente: “È il risultato di anni di politiche irresponsabili. Esprimiamo profonda preoccupazione”
26/7/2012

“Il sequestro è il risultato di anni di politiche, soprattutto industriali, davvero irresponsabili. Esprimiamo la nostra più profonda preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare a Taranto. Agli annosi e drammatici problemi ambientali e sanitari ora si aggiunge quello occupazionale. Si è finiti in un vicolo cieco da cui si rischia di uscire con soluzioni frettolose che non risolverebbero i problemi che hanno portato a questo sequestro”.

Si esprime così Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente a commento della decisione di chiudere l’impianto a caldo dell’Ilva, senza facoltà d’uso, da parte del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco, a conclusione delle indagini della Procura per disastro ambientale a carico dei vertici dell’azienda siderurgica.

“Quanto sta accadendo a Taranto - aggiungono Francesco Tarantini e Lunetta Franco, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e di Legambiente Taranto - richiama alla mente il sequestro dell’impianto petrolchimico di Gela avvenuto 10 anni fa, risolto poi con un intervento normativo che, come un colpo di spugna, cancellò una serie di situazioni irrisolte lasciando che le cose rimanessero come erano prima del Decreto dell’allora ministro Altero Matteoli. Non vorremmo che accadesse la stessa cosa in Puglia”.

Legambiente auspica ancora che il Ministero dell’ambiente proceda velocemente al rilascio della nuova Aia, che deve essere molto più rigorosa e stringente della precedente, anche per rispondere, a questo punto, alle contestazioni alla base del sequestro dell’impianto. E l’azienda deve procedere velocemente, senza ulteriori arroganti contestazioni e insopportabili predite di tempo, alla messa in pratica degli interventi per far ripartire le produzioni in modo compatibile con l’ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori.

“Quello al lavoro è un diritto imprescindibile - concludono Tarantini e Franco - che non va scisso dal diritto alla salute. Entrambi devono muoversi su unico fil rouge basato sulla tutela dell’ambiente”.
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la posizione della Regione Puglia

http://www.tgcom24.mediaset.it/cron...ustria.shtml
27.7.2012

Ilva, Vendola: "Non è finita, si coniughino le ragioni dell'ambiente e quelle dell'industria"
Il governatore della Puglia a Tgcom24: "Finita l'epoca in cui salute e ambiente erano marginali"

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola interviene a Tgcom24 per dire la sua sulla questione Ilva. "L'Ilva non è finita - dice -: è finita l'epoca in cui il diritto alla salute e quello all'ambiente potevano essere considerati marginali; da una parte c'è il fondamentalismo ambientalista dall'altra un industrialismo cieco, la sfida è coniugare le ragioni dell'ambiente e le ragioni dell'industria".
"Il Procuratore Sebastio e il Procuratore Generale Vignola hanno offerto indicazioni che chiariscono in questo momento di confusione la vicenda - ha spiegato Vendola -. Il sequestro non significa lo spegnimento dell'Ilva. Non siamo all'ultima parola del più grande siderurgico d'Europa. Siamo in una fase di accertamento di una relazione tra inquinamento e patologie. L'Ilva deve poter interloquire con la Procura, se saranno rispettate le prescrizioni e l'Ilva, in questo tempo occupato dal riesame, fino all'ultima istanza, darà segnali di ottemperare alle prescrizioni, potrà essere riconsiderato il procedimento giudiziario".

Secondo il presidente della Regione Puglia, "non è vero che o si sceglie per ambiente e per la salute o per l'economia". "Comincia - ha detto Vendola - un colloquio che indicherà il sentiero utile per ambientalizzare gli apparati produttivi dell'Ilva e ripristinare la legalità per salvare una grande fabbrica che dà lavoro a migliaia di operai. Quando parlo di fondamentalismo ideologico mi riferisco a coloro che immaginano riconversioni naive. Chiudere l'Ilva significa infliggere un colpo drammatico all'industria italiana. Per la Puglia significa un colpo al cuore dal punto di vista delle prospettive economiche. Ma la prevalenza va al diritto alla vita e alla salute".

"Mai fatti sconti all'azienda"
"Noi anche sfidando le ire del sistema di impresa e il sorriso ironico di tanta buona stampa borghese all'Ilva non abbiamo mai fatto sconti - ha sottolineato Vendola -. Se oggi dai camini dell'azienda vengono sputati 3 grammi e mezzo di diossina, quando, fino a qualche anno fa, ne sputavano fuori mezzo chilo vuol dire che abbiamo raggiunto dei risultati. Insieme, magistratura, politica e cittadinanza attiva, possono trasformare quello che sembra un incubo in una grande occasione per tutta Italia".

"Ammirato dalla compostezza dei manifestanti"
"In Puglia - conclude il governatore - abbiamo costruito una delle tecnologie più all'avanguardia d'Europa e dico che si deve continuare a lavorare insieme per fare sempre meglio. Con il ministro Clini abbiamo firmato un protocollo per attuare tutta una serie di bonifiche. Sono molto ammirato per la straordinaria compostezza dei manifestanti, è sacrosanto che un lavoratore difenda il proprio posto di lavoro. Esprimono una consapevolezza culturale, hanno capito che anche per difendere il posto di lavoro è importante che l'Ilva cambi registro, per dare una risposta tangibile alla domanda di salute della comunità tarantina".

http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=113034


Ilva, l'assessore Nicastro: "regione Puglia parte lesa, al fianco della magistratura"
L'assessore Lorenzo Nicastro, con delega alla Qualità dell'Ambiente, interviene nella vicenda Ilva: "Le parole del Procuratore di Taranto ristabiliscono un clima di fiducia. E sulla posizione della Regione Puglia ribadisce che "è parte lesa e per questo sarà al fianco della magistratura"
27 luglio 2012

“Voglio esprimere la mia gratitudine al contributo di chiarezza offerto stamane dalla Magistratura tarantina in ordine alla delicata questione dello stabilimento Ilva: quanto emerso nel corso della conferenza stampa tenuta dai procuratori Vignola e Sebastio e dall'avvocato generale Saltalamacchia, restituisce un quadro di riferimento più preciso rispetto ai provvedimenti adottati dal GIP sgombrando il campo dall'idea che non ci siano vie d'uscita rispetto all'attuale situazione. Ritengo che questo elemento, importantissimo, debba permettere valutazioni più serene rispetto alla gestione della problematica”.

Così l'assessore Lorenzo Nicastro, con delega alla Qualità dell'Ambiente, dopo aver seguito la conferenza stampa tenuta dalla magistratura tarantina. “Nell'esercitare il proprio ruolo istituzionale la magistratura ha debitamente soppesato i diritti, tutti egualmente tutelati dalla Costituzione, alla salute da un lato e all'occupazione dall'altro. Leggo nelle precisazioni fatte la possibilità di non approcciare alla vicenda secondo il concetto della reciproca esclusione: è il momento dell'inclusione, delle valutazioni di ragionevolezza rispetto alla necessità di tutelare la salute e la matrice ambientale e il futuro occupazionale di migliaia di persone e delle loro famiglie.

La Regione Puglia – prosegue Nicastro – è parte lesa e per questo sarà al fianco della magistratura come sino ad ora ha fatto”. “Infine – conclude Nicastro – credo che non sia sfuggito a nessuno il chiaro segnale di disponibilità a valutare eventuali elementi di novità rispetto alle prescrizioni: auspico ed attendo segnali concreti da parte dell'azienda rispetto ad interventi che giustifichino una rivalutazione dei provvedimenti adottati. Abbiamo a disposizione del tempo che è necessario utilizzare per stabilire concretamente una road map che consenta di superare le criticità e di contemperare le esigenze ambientali e di salute pubblica con quelle di tutela dell'asset economico strategico non solo per Taranto ma per l'intero paese”.
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15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
giuseppe nuovo Inserito il - 19/12/2012 : 16:53:26
UN BRUTTO GIORNO PER LA DEMOCRAZIA IN ITALIA

fonte:http://bari.repubblica.it/cronaca/2...va-49079571/

La Camera approva il salva-Ilva
Ilva rinuncia al ricorso sui prodotti
Con 420 sì, 21 no e 49 astenuti passa il provvedimento che fa ripartire la produzione dell'acciaieria e restituisce ai Riva l'acciaio finito. Sì del Pdl, Lega astenuta, contrari i radicali. Ora il testo passa al'esame del Senato. Bonelli: "Sfiduciata la Costituzione"

Il governo, dopo aver incassato ieri la fiducia, sul decreto salva-Ilva ottiene il via libera dalla Camera. All'azienda come stabilito, oltre all’area a caldo, verrà restituito anche l’acciaio finito sotto chiave perché prodotto dopo il blocco degli impianti. Superate dunque le disposizioni dell'autorità giudiziaria, che ora - come ha ripetuto più volte il ministro dell'Ambiente Corrado Clini - dovrà "tenere conto di questa legge". Il testo passarà all'esame del Senato per l'approvazione in seconda seduta. Mentre a Taranto, nelle stesse ore, il presidente di Ilva Bruno Ferrante - forze dell'intervento del governo - ha depositato presso la cancelleria del tribunale del Riesame di Taranto la rinuncia al ricorso presentato nei giorni scorsi con cui si chiedeva la revoca del sequestro del prodotto finito e semi-lavorato posto sotto sigilli lo scorso 26 novembre. Revoca che aveva già incassato il no del gip Patrizia Todisco.

Approvato dunque il decreto legge recante "Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale (dl Ilva)", con 420 sì, 21 no e 49 astenuti. La Lega si è astenuta, mentre i radicali hanno votato contro. L'Aula ieri aveva confermato la fiducia al governo con 421 sì, 71 no e 24 astenuti sul testo
scaturito dal rinvio in commissione per introdurre le modifiche chieste dalla commissione Bilancio per ovviare a problemi di copertura. Aveva votato a favore il Pdl che nella ultima fiducia si era astenuto.

Duro il giudizio degli ambientalisti, come lo era stato quello espresso ieri dall'assessore all'Ambiente ddella Regione Puglia, Lorenzo Nicastro: "Torniamo all’era borbonica - aveva commentato - in cui si decide per legge la vita del Paese. Quanto poi all’idea di un emendamento che permetta la commercializzazione del prodotto finito prima dell’entrata in vigore del decreto ribadisco che trattandosi di prodotto di reato potrebbe essere soggetto a confisca in caso di condanna degli imputati. Tecnicamente è come se si restituisse la refurtiva a un ladro in attesa di giudizio".

Oggi il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, rincara la dose: "Con il voto sul decreto salva Ilva il Parlamento ha sfiduciato la Costituzione. Non solo è un provvedimento incostituzionale sotto più profili (viola gli articoli 3-9-32-112 della Costituzione), cosa che emergerà con assoluta chiarezza quando se ne occuperà la Corte Costituzionale, ma è uno schiaffo senza precedenti alla magistratura che viene commissariata e umiliata".
(19 dicembre 2012)
giuseppe nuovo Inserito il - 01/12/2012 : 18:45:21
LICENZE DI UCCIDERE ... PER DECRETO, MA LA MAGISTRATURA DISSENTE E LA CITTA' RESISTE

C’è il decreto ‘ad Ilvam’: l’azienda respira, Taranto no
di Pierluigi Giordano Cardone | 29 novembre 2012

Il decreto ‘ad Ilvam’ ci sarà. Domani. Lo ha detto Mario Monti, lo ha deciso il governo. Perché l’acciaio è di fondamentale importanza per il manifatturiero di casa nostra; perché non si possono lasciare senza lavoro 20mila operai tra Taranto, Genova e le altre fabbriche collegate; perché con il blocco del siderurgico si infliggerebbe un colpo mortale anche ad altri settori del made in Italy, prima fra tutte l’industria automobilistica. Quindi la Fiat. La situazione è risolta. Nel nome della sopravvivenza e a prescindere dalle responsabilità, che non sono soltanto penali ma anche e soprattutto ‘storiche’. L’Ilva e ancor prima l’Italsider hanno avvelenato per decenni: le istituzioni lo sapevano benissimo, ma hanno preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, facendo finta di nulla e lasciando in eredità la bomba siderurgica su chi sarebbe arrivato dopo. Cavoli loro. Lo dimostra il ‘sistema Archinà’, lo confermano i legami che l’azienda aveva instaurato con ogni livello della società. Chiesa, sindacati, stampa e amministratori locali: tutti insieme appassionatamente. Poi sono arrivati gli ‘eversori’: i pm e i giudici, che hanno dovuto supplire alle mancanze di chi doveva vigilare e ha preferito non farlo. Hanno fatto rispettare la legge, al loro fianco ‘solo’ le migliaia di cittadini presenti ai processi. Loro non si sono più fidati di tv e giornali contaminati dai ‘rapporti istituzionali’ dell’Ilva. Si sono informati sulla Rete e hanno scelto da che parte stare. In massa. A Taranto non era mai avvenuto in decenni di inchieste. Risultato? Il lavoro degli inquirenti ha messo in crisi tutto il settore dell’acciaio.

E’ questione di Stato: tocca al governo dei professori sbrogliare la matassa. Miracolo tecnico e voilà il decreto. I ministri sono soddisfatti. La politica tutta è in festa. L’Ilva può riprendere la produzione. Il siderurgico può tornare a uccidere i tarantini. E sì, perché se è vero che l’Aia (divenuta legge per dl) impone i parametri per la bonifica, è altrettanto vero che i provvedimenti della Procura (uno su tutti: il blocco dell’acquisto di materie prime) avevano un effetto immediato sull’inquinamento. Già, il tempo. Un concetto che il governo ha dimostrato di avere ben presente nell’adozione del decreto, ma che ha dimenticato quando si è trattato di pensare alla salute dei cittadini. Anzi, il diritto alla salute dei cittadini, l’articolo 32 della Costituzione. Superato per dl. Come è stata superata l’obbligatorietà dell’azione penale dei pm in caso di reati ambientali all’interno dello stabilimento. La gestione della situazione, infatti, spetterà all’azienda stessa sotto il controllo del Tar. Quindi la procura non potrà far nulla. Esautorata. Ora, a meno che i magistrati tarantini non decidano di ricorrere alla Consulta per risolvere il palese conflitto dei poteri, il caso Ilva è ‘rattoppato’ almeno per i prossimi 24 mesi. E poi? Se l’azienda non ha rispettato gli impegni presi e quindi l’Aia? A vedersi. Ci penserà chi arriverà dopo. Cavoli loro. Macchine in moto. L’Ilva respira. Taranto no. Per decreto.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/201...o-no/431042/

Venerdi, 30 Novembre 2012

"Il governo si e' assunto la grave responsabilita' di risolvere al momento una situazione molto complessa vanificando gli effetti dei provvedimenti della Magistratura, di un sequestro preventivo emesso sulla base di un pericolo attuale e concreto per la salute di un'intera collettivita'". Cosi' il segretario dell'Anm, che svolge funzioni di pubblico ministero a Taranto, Maurizio Carbone, commenta il decreto legge approvato oggi in Consiglio dei Ministri.


Il Gip: lo stop è confermato « L’Aia non tutela la salute»
di MIMMO MAZZA

TARANTO - L’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva dal ministro Corrado Clini, e da ieri divenuta legge, non è fondata su studi o accertamenti tecnico-scientifici, e ha tempi di realizzazione incompatibili con le improcrastinabili esigenze di tutela delle salute della popolazione e dei lavoratori, tutela che non può essere sospesa senza incorrere in una inammissibile violazione dei principi costituzionali. A demolire l’Aia, al centro del provvedimento d’urgenza adottato ieri dal governo Monti, è - nel provvedimento con il quale rigetta la richiesta di dissequestro degli impianti presentata il 20 novembre dal presidente dell’Ilva Bruno Ferranteil giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco che in 14 pagine non solo ha confermato il sequestro preventivo, senza facoltà d’uso, dell’area a caldo del siderurgico, ma probabilmente ha fornito anche la traccia che a Palazzo di giustizia si seguirà in merito al provvedimento salva-Ilva varato ieri dal governo. Il gip non usa mezzemisure. «Non esiste un costo, in termini di salute, sopportabile in uno Stato civile - si legge nel provvedimento - per le esigenze produttive e non è accettabile che il presente e il futuro dei bambini di Taranto sia segnato irrimediabilmente. Nessun ragionamento di carattere economico e produttivo dovrà e potrà mai mettere minimamente in dubbio questo concetto».

Secondo la dottoressa Todisco, l’Ilva aveva chiesto il dissequestro degli impianti perché aveva ottenuto l’Aia ma per a suo parere «il decreto di riesame dell’Aia, contrariamente a quanto sostenuto dai legali del gruppo Riva, non depenalizza né potrebbe scriminare il perpetuarsi delle condotte criminose in corso. Appare veramente assurdo motivare l’istanza di revoca con ragioni di natura economica. Sostanzialmente viene chiesto all’autorità giudiziaria di concorrere nella protrazione dell’attività criminosa, stante l’indiscussa sussistenza attuale delle emissioni fuggitive e diffuse, nocive per la salute delle persone». Il decreto «salva-Ilva» prevede che le misure cautelari reali non debbano impedire l’attuazione dell’Aia, e il gip replica, sempre indirettamente e peraltro alcune ore prima che il testo del decreto venisse licenziato, che «per adottare le misure previste dall’Aia sarebbe sufficiente una semplice richiesta all’autorità giudiziaria».

La dottoressa Todisco cita due articoli della Costituzione (il 32, sul diritto alla salute, e il 41, sull’iniziativa economica privata che non può recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana), facendo così affiorare i profili di anti-costituzionalità del decreto salva-Ilva e ricorda che «non soltanto l’ado zione della nuova Aia non vale affatto a dimostrare che sia venuta meno la situazione di concreto e grave pericolo a fronte della quale è stato disposto il sequestro» ma si chiede come sia possibile «alle attuali condizioni e nell’attuale stato degli impianti in sequestro, continuare da subito l’attività produttiva, senza prima pretendere, a tutela dell’incolumità dei lavoratori e della popolazione locale, che siano realizzati gli interventi indispensabili per interrompere l’attività criminosa per la quale proprietà e management dell’Ilva sono agli arresti». E a Palazzo di giustizia i magistrati stanno già valutando di sollevare un’ec - cezione di incostituzionalità o un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato.

FONTE: http://www.lagazzettadelmezzogiorno...tizia=573597

DA: http://comitatopertaranto.blogspot.it/
Ecco, questo è il governo Monti, debole coi forti e forte coi deboli. Per addolcire la pillola della legge ad ilvam fa girare a mezzo stampa tutte le bojate sulle multe, il garante, il commissariamento, i posti di lavoro...
Intanto Riva a Miami stappa lo champagne più costoso pagato con la salute dei tarantini. La bottiglia è grande, molto grande: ce n'è pure per i ministri, per i sindacati e per gli amministratori locali.
Nello stesso istante gli operai d'Italia fanno festa per pochi spiccioli, stappano lo spumantino del discount senza sapere che ieri, 30 novembre 2012 è stata sancita la sconfitta del mondo operaio, delle ragioni delle popolazioni, e della stessa giustizia sociale. Se ne accorgeranno nei prossimi mesi...
Ora, ironia della sorte, uno dei protagonisti della colonizzazione industriale di Taranto (parliamo dell'Italsider dell'IRI), Giorgio Napolitano, è chiamato a mettere la sua firma di Presidente sotto la seconda legge di schiavitù.
Taranto città necessaria ancora per 6 anni (più le immancabili proroghe all'italiana...). Il suo nome è destinato a tornare nell'oblio di un'incollocabile agglomerato disordinato di case in Terronia. Posto puzzolente dove si discarica il brutto strategico perchè altre coste, altri paesaggi siano puliti e a prova di turisti.
Una sottile speranza si chiama giustizia...
Ilva, dl autorizza produzione previste multe 10% fatturato. Ma ora Riva rischia l'esproprio
Procura valuta costituzionalità

Via libera dal Consiglio dei ministri al decreto legge per l’Ilva. Lo si apprende da fonti di governo. Il decreto legge “stabilisce che la società ILVA abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell’AIA”. “Qualora non venga rispettato il piano di investimenti necessari alle operazioni di risanamento, il decreto introduce un meccanismo sanzionatorio che si aggiunge al sistema di controllo già previsto dall’AIA”. E’ quanto si legge nel comunicato stampa che illustra il decreto varato dal Cdm.
MONTI, E' DECRETO SALVA AMBIENTE, SALUTE, LAVORO
Qualcuno l’ha chiamato “decreto salva-Ilva” ma io parlerei di decreto “salva ambiente, salute e lavoro”. "Non possiamo ammettere che ci siano contrapposizioni drammatiche tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro e non è neppure ammissibile che l’Italia possa dare di sè un’immagine, in un sito produttivo così importante, di incoerenza". Lo ha detto Mario Monti al termine del Consiglio dei ministri che ha varato il decreto Ilva. "L'intervento del governo è stato necessario perchè Taranto è un asset strategico regionale e nazionale", ha aggiunto Monti. "Credo abbia portato a un provvedimento che cerca di mettere in armonia" diverse esigenze, "ma in modo duro: sono convinto che in tanti casi non siano le leggi ad essere mancate, ma una seria e tempestiva applicazione delle leggi".
MONTI, CASO PLASTICO DI ERRORI REITERATI"Questo caso è la plastica dimostrazione per il passato degli errori reiterati nel tempo e delle incoerenze di molte realtà, sia imprenditoriali che pubblico-amministrative, che si sono sottratte, nel corso del tempo, alla regola della responsabilità, dell’applicazione e del rispetto della legge". Così Mario Monti sull'Ilva.
MONTI, NELL'APPLICAZIONE IL DL E' BLINDATO“Abbiamo una creatura blindata dal punto di vista della sua effettiva applicazione". Così il presidente del Consiglio Mario Monti, presentando il decreto legge sull'Ilva durante la conferenza stampa a palazzo Chigi.
CLINI,SANZIONE 10% FATTURATO SE INADEMPIENTEIn caso di inadempienze per l’Ilva “restano tutte le sanzioni già previste e in più introdotta la possibilità di una sanzione sino al 10% del fatturato annuo dello stabilimento”. “E' una condizione di garanzia”. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini illustrando il decreto Ilva. “Il Garante ha un ruolo molto importante di vigilanza sull'esercizio impianti. Qualora l'azienda non rispettasse le prescrizioni, che sono misure puntuali su area a caldo, che a partire da novembre a tutto il 2014 e oltre cambieranno strutturalmente le produzioni dell’area a caldo, potranno intervenire sanzioni amministrative e sanzioni aggiuntive fino al 10% del fatturato. Questo perchè l’Aia assume stato di legge”.
giuseppe nuovo Inserito il - 26/11/2012 : 18:56:47
aggiornamenti continui.. è un momento 'storico'!!
Molto curiose alcune considerazioni scritte nel comunicato ufficiale dell'ILVA:
.. "ILVA ribadisce con forza l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano."...
Con quale faccia di bronzo si può negare la drammatica emergenza sanitaria della città di Taranto dimostrata da tante perizie.


Ilva: «Chiude lo stabilimento di Taranto»

Taranto - L’Ilva ha annunciato questa sera che il sequestro dei rifornimenti destinati allo stabilimento siderurgico e il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto deciso oggi dalla Procura nell’ambito di un’inchiesta per corruzione comporterà la chiusura dell’impianto.

Una fonte sindacale ha detto a Reuters che la misura scatterà già dal primo turno di questa sera con le ferie forzate per i dipendenti dell’area «a freddo», ma una fonte aziendale ha detto invece che la misura non è ancora operativa.

Poco prima della notizia della chiusura il segretario Fim Cisl Marco Bentivogli aveva annunciato: «L’azienda ci ha appena comunicato la chiusura, pressoché immediata, di “tutta l’area attualmente non sottoposta a sequestro” e ciò riguarda oltre 5000 lavoratori cui si aggiungerebbero a cascata, in pochi giorni, i lavoratori di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica».

In una nota l’azienda ha detto che presenterà ricorso contro la decisione dei gip, che ha portato anche all’arresto di sette persone tra cui dirigenti ed ex di Ilva e del Gruppo Riva, da cui lo stabilimento dipende.

Nel frattempo, però, l’azienda «ottempererà» all’ordine e questo «comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto».

In un messaggio su Twitter, il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli ha scritto: «La direzione Ilva ci ha appena comunicato la chiusura di tutta l’area non sottoposta a sequestro». Alla fine di luglio la magistratura, che ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale, ha sequestrato l’area «a caldo» dello stabilimento, per l’emissione di sostanze inquinanti superiori alla norma che, secondo perizie epidemiologiche, avrebbero provocato tassi eccessivi di decessi per tumori a Taranto.

Nelle scorse settimana l’azienda ha chiesto la cassa integrazione per un massimo di 2.000 dipendenti dell’area a freddo, motivandola con la crisi del settore siderurgico. Secondo l’Ilva, la decisione di oggi dei magistrati «si pone in radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo del ministero dell’Ambiente», che ha emesso a ottobre una nuova autorizzazione integrata ambientale per bonificare lo stabilimento.

Arresti e perquisizioni
Questa mattina il patron dell’Ilva di Taranto Emilio Riva, suo figlio Fabio ed altre cinque persone sono state arrestate con l’accusa a vario titolo di corruzione, concussione e associazione a delinquere. Lo riferiscono fonti giudiziarie e legali, aggiungendo che Emilio Riva, che non ha più cariche operative nel gruppo, si trova ai domiciliari, mentre il figlio Fabio, vicepresidente di Riva Group, è destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere firmato dai gip di Taranto Patrizia Todisco e Vilma Gilli su richiesta del pm Remo Epifani.

Al momento però l’uomo, che era già ai domiciliari, risulta irreperibile e gli agenti delle Fiamme Gialle lo stanno cercando per portarlo in carcere. Gli arresti sono relativi ad un’inchiesta parallela a quella per disastro ambientale, che nel luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’impianto siderurgico tarantino.

Nell’inchiesta, aggiungono le fonti, risulta indagato anche l’attuale presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante e l’ex presidente Nicola Riva per il quale la procura aveva chiesto l’arresto che è stato però respinto dal gip. Secondo i magistrati, riferiscono le fonti, uomini dell’Ilva avrebbero corrotto politici, periti ed imprenditori locali per mettere a tacere o almeno ridimensionare le attività inquinanti dell’impianto.

Non è stato possibile al momento ottenere un commento da parte del gruppo Riva. Tra gli altri arrestati oggi, l’ex dirigente per i rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso, entrambi già trasferiti in carcere. Poi l’ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, l’ex assessore di centrosinistra all’Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva (Pd) e l’ingegnere Carmelo Delli Santi rappresentante della Promed Engineering, tutti ai domiciliari.

Dalle nuove indagini sull’Ilva emergono «numerosi e costanti contatti di Girolamo Archinà, direttamente, e di Fabio Riva, indirettamente, con vari esponenti politici tra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola»: è quanto scrive il gip di Taranto nell’ordinanza di custodia cautelare per i vertici dell’Ilva.

In uno tra gli episodi di corruzione sotto la lente della procura, già emerso peraltro nell’inchiesta sul disastro ambientale, Archinà avrebbe consegnato a Liberti una busta con 10mila euro in cambio di una perizia «addolcita» sull’inquinamento dell’Ilva. Secondo una perizia epidemiologica consegnata alla procura tarantina, le emissioni del siderurgico tarantino hanno provocato in 13 anni quasi 400 morti tra la popolazione e un «eccesso di mortalità» per alcuni tumori tra i dipendenti dell’impianto.

Il Gruppo Riva, 17esimo produttore mondiale di acciaio, ha sempre respinto le accuse sull’Ilva. L’impianto tarantino dà lavoro a circa 12.000 persone. Nell’operazione di oggi, la Guardia di finanza ha anche sequestrato tutti i rifornimenti destinati all’Ilva e il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto.

fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/...imento.shtml

giuseppe nuovo Inserito il - 26/11/2012 : 10:01:58
Evvaiiiii!!!! Ambiente svendutoo.... solo i nostri politici non se ne erano accorti, ma... ci sta pensando la magistratura. Ce ne è anche per loro.



08:41
Taranto, terremoto all'Ilva, arresti e sequestri
Taranto, 26 nov. - La Guardia di finanza sta eseguendo una serie di arresti e sequestri a Taranto nei riguardi dei vertici dell'Ilva e di esponenti politici nell'ambito dell'inchiesta 'Ambiente venduto'. Sotto la lente degli investigatori una serie di pressioni che l'Ilva avrebbe effettuato sulle pubbliche amministrazioni per ottenere provvedimenti a suo favore e ridimensionare gli effetti delle autorizzazioni ambientali. Tra le persone raggiunte dalle misure cautelari ci sono Fabio Riva, vicepresidente del gruppo Riva e figlio di Emilio Riva (gia' ai domiciliari dal 26 luglio scorso) e fratello di Nicola Riva (anche lui ai domiciliari dal 26 luglio); Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto anche lui ai domiciliari; Michele Conserva, ex assessore all'Ambiente della provincia di Taranto dimessosi nei mesi scorsi; Girolamo Archina', ex consulente dell'Ilva, addetto ai rapporti con le pubbliche amministrazioni e licenziato dall'attuale presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, ad agosto quando emersero i primi particolari dell'inchiesta 'esplosa' oggi. La seconda ordinanza riguarda una serie di sequestri, attualmente in corso .

(26 novembre 2012)
fonte: http://www.repubblica.it/ultimora/c...glio/4262139

Ilva, arresti e sequestri in corso a Taranto. Coinvolti politici e famiglia Riva
Quattro persone sono finite ai domiciliari e tre in carcere nell'ambito dell'indagine "Ambiente svenduto". Tanti gli indagati a piede libero tra i quali anche le autorità politiche di ogni livello che in questi anni non avrebbero controllato i danni arrecati dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica tarantina

Il nucleo operativo della Guardia di finanza di Taranto ha dato il via alle 6 di questa mattina all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale ionico nell’ambito dell’indagine denominata “Ambiente svenduto”. Quattro persone sono finite ai domiciliari e tre in carcere. Nel mirino delle fiamme gialle, guidate dal capitano Giuseppe Di Noi, è finito il “sistema Archinà”, ex consulente dell’Ilva, e i suoi contatti con le istituzioni locali e nazionali per garantire immunità allo stabilimento siderurgico ionico e “tenere tutto sotto coperta”. Sarebbero circa dieci persone destinatarie di misure personali tra arresti in carcere, detenzioni cautelari e interdizioni. Tanti gli indagati a piede libero tra i quali anche le autorità politiche di ogni livello che in questi anni non avrebbero controllato i danni arrecati dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica tarantina.

Vertici dell’Ilva, tra i quali Fabio Riva (vice presidente presidente del Gruppo Riva Fire), ma anche politici locali come l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (dimessosi alcuni mesi fa proprio per questa vicenda come anticipato da ilfattoquotidiano.it). E poi funzionari amministrativi e imprenditori operanti nel settore dei rifiuti. Tre i provvedimenti emessi: il primo dal gip Patrizia Todisco riguarderebbe i vertici Ilva e il sistema di relazioni gestito da Girolamo Archinà, pizzicato dalla guardia di finanza il 26 marzo 2010 mentre incontrava l’allora perito della procura in un’indagine sull’Ilva per consegnargli, secondo la procura, una tangente di diecimila euro, per ammorbidire una perizia. Dalle intercettazioni telefoniche, oltre diecimila conversazioni, il nucleo operativo delle fiamme gialle avrebbe ricostruito il modus operandi dell’ex addetto alle relazioni istituzionali. C’è anche Lorenzo Liberti, ex consulente della procura. Giornalisti compiacenti, funzionari amici e politici sottomessi avrebbero contribuito ad occultare il disastro ambientale oggi contestato ai vertici dello stabilimento.

Il secondo invece, emesso, dal gip Vilma Gilli, riguarderebbe la concessione da parte dell’amministrazione provinciale guidata da Gianni Florido delle autorizzazioni alle discariche, tra le quali anche la Mater gratiae che si trova all’interno dell’Ilva. In questo provvedimento sarebbe stato coinvolto anche Gianpiero Santoro, tecnico scelto dall’ente provinciale come rappresentante nella commissione che ha appena rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale. Il terzo provvedimento, secondo le prime indiscrezioni, riguarda il sequestro della produzione dell’Ilva che le autorità potrebbero ‘commissarriare’ e sarebbe finalizzato alle operazioni di risanamento.

L’indagine inizialmente è stata condotta dal sostituto procuratore Remo Epifani ed è in parte confluita nell’inchiesta per sisastro ambientale coordinata dal pool formato dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. Alla base di questi nuovi provvedimenti ci sarebbe il lavoro svolto dagli uomini del capitano Di Noi raccolto in una informativa di pltre 700 pagine.

26 novembre 2012
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/201...anto/426535/
giuseppe nuovo Inserito il - 07/10/2012 : 19:35:16
Ed anche gli operai non sono tutti dalla parte di RIVA.
Ci sono quelli che sin dall'inizio stavano dalla parte della dignità e del diritto (i liberi e pensanti); ma anche laFiom ad onor del vero si sta distinguendo dalle altre sigle molto più accondiscendenti al profitto piuttosto che alla salute degli stessi lavoratori.

http://www.agi.it/in-primo-piano/no...inadempiente

12:35 07 OTT 2012

(AGI) - Taranto, 7 ott. - Preoccupazione e critiche verso l'Ilva da parte di Fim Cisl e del comitato 'Cittadini e lavoratori liberi e pensanti' perche' l'azienda "non dato alcun segnale sinora", ma nessuno sciopero. Questa la situazione a Taranto quando manca poco alla nuova direttiva di custodi e Procura che obbliga l'Ilva - in parte sotto sequestro per disastro ambientale - ad avviare le operazioni di spegnimento degli impianti entro cinque giorni.

L'ultima direttiva si rifa' al piano di fermate consegnate dai custodi all'Ilva lo scorso 17 settembre e rimasto inattuato. Piano che prevedeva che le fermate dovessero cominciare dall'altoforno 1 e che nei giorni scorsi era stato oggetto di un punto di situazione in un vertice a Palazzo di Giustizia. In questa sede i custodi avevano segnalato alla Procura come l'Ilva non avesse fatto nulla nell'arco di due settimane per attuare il piano. E di qui la decisione dei magistrati di imprimere una stretta.
"L'accelerazione data dalla Procura - afferma Cosimo Panarelli, segretario della Fim Cisl di Taranto - conferma le nostre preoccupazioni e le nostre previsioni.

Gia' da meta' settembre avevamo detto chiaramente all'azienda che il piano da 400 milioni era del tutto inadeguato, che bisognava dare segnali di voler investire piu' forti e convincenti, che bisognava mettere in campo proposte di risanamento della fabbrica che andassero in direzione delle prescrizioni della Magistratura. Questo non e' avvenuto. Cosi' come l'Ilva, che pure aveva annunciato la volonta' di anticipare la fermata dell'altoforno 1, gia' prevista, in realta' non l'ha fatta. Dal sequestro a oggi nessun impianto si e' fermato: stanno marciando tutti, anche se al minimo. Se ora dovessi scioperare - aggiunge Panarelli - lo dovrei fare contro Riva che non rispetta gli impegni. Ma il gioco e' finito: se l'Ilva non vuole investire, lo dica chiaramente.

Noi vogliamo tutelare l'ambiente e il lavoro ma riscontriamo una grandissima assenza dell'Ilva". "Noi non ci opporremo ad alcuna azione della Magistratura tesa a ripristinare la legalita' e a far cessare reati gravi come quello del disastro ambientale - afferma Cataldo Ranieri, del comitato "Cittadini e lavoratori liberi e pensanti" - noi non vogliamo essere complici di chi, presumibilmente, sta causando a Taranto grandi problemi a partire dalle morti e dalle malattie dovute all'inquinamento.
Ma al tempo stesso poniamo anche il problema di migliaia di lavoratori. Problema di reddito e non di ammortizzatori sociali perche' noi vogliamo lavorare. Non vogliamo il male della nostra citta' perche' siamo tarantini anche noi, ma chiediamo che si pensi al futuro dei lavoratori adesso che gli impianti stanno per fermarsi davvero. Se siamo a questo punto, la colpa e' solo di Riva. Non e' che l'Ilva non abbia i soldi per investire, il punto e' che non vuole assolutamente investire per risanare il siderurgico di Taranto". (AGI) .
giuseppe nuovo Inserito il - 07/10/2012 : 19:28:11
la città sa da che parte stare e rifiuta il ricatto occupazionale
da 6mila a 10mila persone in corteo per sostenere la magistratura e per ottenere verità e giustizia

I giornali di regime parlano di 2000 persone, ma le foto ed i video gitrati il 5 ottobre a Taranto dimostrano che erano molti ma molti di più

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giuseppe nuovo Inserito il - 07/10/2012 : 19:10:24
Nonostante le pressioni enormi del governo e dei partiti che lo sostengono...
la ruota gira.
T"aranto, ultimatum della procura all’Ilva: “Cinque giorni per avviare lo spegnimento”
http://www.ilfattoquotidiano.it/201...ento/375026/

I pm notificano un nuovo documento ai custodi e al presidente Ferrante: "Entro cinque giorni dovranno essere avviate le operazioni". Altrimenti, si legge, i custodi potranno affidarsi a terzi per le operazioni. Previsto lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, bonifica e dismissione del 3 e il fermo di sette batterie del reparto Cokeria

L’Ilva ha cinque giorni per avviare lo spegnimento degli impianti inquinanti, non c’è più tempo. La procura di Taranto nel nuovo documento notificato ai custodi e al presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, non usa mezzi termini. I magistrati hanno invitato “il custode amministratore Bruno Ferrante ad individuare e ad adibire con la massima urgenza possibile e, comunque, entro cinque giorni dalla comunicazione della presente direttiva, le maestranze necessarie, destinandole alle effettuazioni delle operazioni di cui sopra con relativi oneri finanziari, in piena collaborazione con gli altri custodi e sulla base delle loro direttive operative”.

Le direttive a cui il pool di magistrati guidato da Franco Sebastio fa riferimento, prevedono lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, la dismissione e la bonifica dell’altoforno 3, il fermo di 7 batterie del reparto Cokeria, e numerosi interventi nel reparto acciaieria. Misure dettate dai custodi tecnici con le disposizioni di servizio del 17 e 20 settembre, ma che sembrano essere cadute nel vuoto. Il provvedimento, infatti, è la risposta decisa dei pubblici ministeri alla denuncia di qualche giorno fa formulata dai custodi tecnici. “L’Ilva non collabora” aveva spiegato Barbara Valenzano al procuratore Sebastio, all’aggiunto Pietro Argentino e ai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. La reazione della procura, non si è fatta attendere.

L’azienda ora dovrà fare sul serio: collaborare concretamente e non solo a parole. “In caso di inottemperanza a tale ultima disposizione – scrivono ancora i magistrati – i custodi amministratori Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento si avvarranno della facoltà di nomina di ausiliari già loro concessa procedendo senza ulteriori indugi e osservando comunque tutte le cautele del caso, segnalando eventuali rifiuti, omissioni o abusi a questa Procura per tutte le possibili valutazioni del caso, anche di tipo penale”.

Insomma un vero e proprio ultimatum: o l’Ilva spegne gli impianti o sarà una ditta esterna a farlo e i vertici aziendali dovranno rendere conto in tribunale di “rifiuti, omissioni o abusi”. Dal prossimo 11 ottobre quindi, con o senza la collaborazione dell’azienda, i custodi tecnici nominati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco potranno “attuare le misure idonee ad eliminare le emissioni inquinanti intervenendo sugli impianti destinatari di tali misure, ferma restando la possibilità di adottare le eventuali cautele necessarie, ove tecnicamente sussistenti, per evitare danni gravi agli impianti medesimi, in vista di una loro successiva riutilizzazione, se possibile”. Insomma gli impianti vanno spenti per essere risanati e riutilizzati in futuro. Sempre che l’azienda sia disposta realmente a investire le somme, ingenti e necessarie, per rendere lo stabilimento siderurgigco di Taranto ecocompatibile.

giuseppe nuovo Inserito il - 17/09/2012 : 23:03:20
grandi novità nelle ultime ore!!!!!
L'ILVA SPEGNE GLI IMPIANTI!!!


I custodi hanno notificato un provvedimento dove si ordina lo spegnimento immediato delle batterie 3,4,5,6 ed il rifacimento delle batterie 9,10 e 11. Spegnimento torri dalla numero 1 alla numero 7, eccetto la torre 2 e lo spegnimento completo degli altoforni 1 e 5. Spegnimento dell'acciaieria 1 e adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento completo del reparto 'Gestione materiali ferrosi' (Grf). (fabio matacchiera)

http://www.unita.it/economia/l-ilva..._object_map={%224192618748229%22%3A445377875514855}&action_type_map={%224192618748229%22%3A%22og.recommends%22}&action_ref_map=[]

«L'Ilva spenga gli impianti»
Stretta dei custodi giudiziari
L'alt dei custodi arriva alla vigilia della presentazione del piano di investimenti per 400 milioni del presidente Ilva, Ferrante. I sindacati: «Grande preoccupazione». L'inchiesta: indagati 13 politici e funzionari



17 settembre 2012
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Stretta dei custodi giudiziari sull'Ilva dopo la nota del procuratore della Repubblica, Franco Sebastio, che sabato scorso ha ribadito che l'azienda non può produrre ma deve solo risanare gli impianti. Questa sera, si apprende da fonti sindacali, i custodi Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, hanno notificato all' Ilva una direttiva in cui ordinano il completo rifacimento delle batterie 3,4,5,6,9,10 delle cokerie degli altiforni, lo spegnimento delle torri che vanno dall'1 alla 7 eccetto la torre 2, lo spegnimento degli altiforni 1 e 5 a cominciare subito dall'altoforno 1, lo stop all'acciaieria 1, l'adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento del reparto Grf, gestione materiali ferrosi.

I custodi dispongono altresì che il personale in esubero in conseguenza della fermata impianti sia ricollocato nelle operazioni di bonifica. Anche fonti aziendali confermano la notifica del nuovo provvedimento. L'alt dei custodi arriva alla vigilia della presentazione alla Procura e ai sindacati del piano di investimenti per 400 milioni di euro da parte del presidente dell' Ilva, Bruno Ferrante. «Grande preoccupazione» viene manifestata dai sindacati per i nuovi sviluppi della situazione.

NEL FRATTEMPO IL MINISTRO CLINI MENTE SUI NUMERI DEI MORTI A TARANTO
Il governo parla delle vittime dell'inquinamento con dati vecchi. Ma secondo l’Istituto Superiore della Sanità quelli nuovi sono pronti e dicono che la mortalià è aumentata del 10%


http://www.metronews.it//master.php...notizia=8504

I MORTI DELL'ILVA
DA TENERE NASCOSTI
Balduzzi parla delle vittime dell'inquinamento con dati vecchi. Ma secondo l’Iss quelli nuovi sono pronti

Mortalità in eccesso a Taranto almeno del 10% in più rispetto ai dati attesi. I dati riguardano un periodo che dal 2002 arriva all’anno scorso e conferma il trend già evidenziato con il precendente dossier (1995-2002). I dati sono contenuti nella versione aggiornata del progetto epidemiologico Sentieri, dell’Istituto superiore della Sanità, che riguarda non solo Taranto ma i 52 Sin, siti di interesse industriale. I luoghi più inquinati d’Italia, che vanno da Porto torres a Marghera, a Casale Monferrato, a Taranto, appunto.
Sentieri 2.0
Oggi il ministro della Salute presenterà l’evoluzione di Sentieri, che è stato diviso per categorie (malformazioni, vari tipi di tumori, etc) e Balduzzi ha precisato che «i dati aggiornati non sono ancora pronti, sono oggetto dell’analisi scientifica».
Affermazione smentita da uno dei principali ricercatori del progetto che a Metro ha detto: «I dati aggiornati ci sono, arrivano anche al 2011, e sono pronti. Devono essere solo rilasciati, ma il governo se li tiene stretti perchè su Taranto qualsiasi cosa accade diventa un caso politico».
Dati che stravolgono lo stato delle cose? «Tutt’altro - continua la nostra fonte, uno dei coordinatori del Sentieri 2.0 - confermano quanto hanno stabilito i periti del tribunale di Taranto con lo studio epidemiologico».
A marzo fu depositata la perizia secondo la quale nel quartiere più vicino all’impianto c’è un morto ogni tre mesi imputabile all’inquinamento e in età pediatrica «si è accertato un eccesso di tumori maligni del 25%».
Dati confermati quindi dall’Istituto superiore di sanità, che il ministro ha deciso di non divulgare ancora.

Spegnimento altiforno
I custodi giudiziari degli impianti sequestrati hanno notificato ieri sera all'azienda una direttiva con la quale ordinano il completo rifacimento delle batterie 3,4,5,6,9,10 delle cokerie degli altiforni, lo spegnimento delle torri che vanno dall'1 alla 7 eccetto la torre 2, lo spegnimento degli altiforni 1 e 5 a cominciare subito dall'altoforno 1, lo stop all'acciaieria 1, l'adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento del reparto Grf, gestione materiali ferrosi. I custodi hanno disposto che il personale in esubero in conseguenza della fermata impianti sia ricollocato nelle operazioni di bonifica.

Giornata importante per l'Ilva: oggi presenterà alla procura il piano di risanamento, sperando di poter ricomporre la frattura ed evitare il sequestro (ha anche annunciato di voler rinunciare ai ricorsi contro le ordinanze annunciati ad agosto): 400 milioni di euro. Questo l'ordine di grandezza della cifra che l'azienda avrebbe intenzione di mettere sul tavolo per il risanamento degli impianti inquinanti dell'Ilva di Taranto messi sotto sequestro dai magistrati. La somma si aggiungerebbe ai 90 milioni messi a disposizione dal governo e a quelli che fanno riferimento ai fondi della Regione Puglia. Inoltre, altri 60 milioni di euro saranno disponibili all'inizio del prossimo anno. I lavori potrebbero iniziare a dicembre, in occasione del fermo di un altoforno per manutenzione. Manutenzione programmata che verrebbe però anticipata. Intanto ci sarebbe anche qualche novità sul tipo di interventi da realizzare per ridurre il rilascio di polveri nell'aria, fondamentalmente delle coperture da realizzare sul sito.

L'archistar
L'orientamento dell'azienda sembrerebbe essere quello di coinvolgere un architetto di grido, un 'archistar', per
realizzare una struttura esteticamente gradevole oltre che utile. Una struttura che possa diventare un elemento gradevole dello skyline della città. Ci sarebbe anche qualche nome che potrebbe essere coinvolto
nel progetto: si parlerebbe di architetti del livello dello spagnolo Santiago Calatrava, della 'super-archistar' italiana Renzo Piano o forse addirittura del britannico Norman Foster. Altri nomi potrebbero essere coinvolti.
Il risultato dell'intervento di copertura dei parchi minerali potrebbero essere delle cupole, dei 'dome' come vengono chiamate queste strutture, sul tipo di quelle realizzate in alcune centrali a carbone per evitare la dispersione di polveri. Strutture, per fare un esempio, come quelle del carbonile della centrale Enel di Torrevaldaliga nord.

La denuncia degli ambientalisti
C'è il sequestro senza facoltà d'uso degli impianti, ma l'Ilva continua a inquinare. A sostenerlo è Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Antidiossina onlus, che ha realizzato un video notturno da cui emergerebbero "anomale emissioni dai camini" del Siderurgico.
«Grazie all'occhio elettronico di una potente telecamera ad infrarossi - sottolinea Matacchiera - ho potuto fare questo nuovo video che potrebbe dimostrare che la diffusione di fumi e polveri continua regolarmente, investendo la città soprattutto durante le ore notturne. Si noti che i fumi scaturiscono soprattutto dalle aree basse sotto forma di emissioni diffuse e non convogliate». Matacchiera consegnerà domani la nuova documentazione alla Procura di Taranto.
Ecco il video
http://www.youtube.com/watch?v=7lSkWRcOMeA



giuseppe nuovo Inserito il - 01/09/2012 : 23:05:54
FINALMENTE

http://www.inchiostroverde.it/news/...inerali.html

Sequestro Ilva, si passa alla fase operativa. Blocco per i parchi minerali
1 settembre 2012 20:14

TARANTO – «I provvedimenti da attuare in via definitiva stabiliscono due principi fondamentali: non c’è facoltà d’uso e vanno eliminate le emissioni inquinanti. Quello che si potrà fare dopo per recuperare o meno questi impianti e renderli ecocompatibili non riguarda l’autorità giudiziaria. Sono decisioni inerenti la strategia aziendale». Lo ha dichiarato il procuratore capo Franco Sebastio al termine della riunione con i custodi Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ai quali sono state affidate le aree del siderurgico poste sotto sequestro per inquinamento.

Proprio Ferrante, mezz’ora prima, aveva detto ai giornalisti che l’attuale attività produttiva dello stabilimento è una conseguenza della necessità di tenere in funzione gli impianti per consentire gli interventi di ambientalizzazione. Una dichiarazione che Sebastio ha commentato in modo perentorio: «Ribadisco che il provvedimento del gip, integrato dal provvedimento del Tribunale del Riesame, è chiarissimo: non c’è facoltà d’uso, non si può produrre».

Durante la riunione, durata circa tre ore, i custodi hanno depositato le ultime relazioni. Inoltre, sono stati valutati, in via definitiva, tutti i provvedimenti finora adottati. «Nel giro di qualche giorno si passerà all’attuazione delle misure, con modalità che saranno decise e poste in essere dai custodi amministratori. Tutte le misure sono urgenti – ha aggiunto Sebastio – non ce n’è una che ha la priorità sulle altre».

Ed ha continuato: «In questo mese i custodi hanno lavorato in maniera continuativa e indefessa. Le ultime due relazioni sono dei libri. Da ciò si desume la complessità del lavoro svolto». In merito alla partecipazione del presidente dell’Ilva (con funzioni amministrative e contabili), Sebastio ha detto che “Ferrante ha assicurato la massima disponibilità ai fini di una collaborazione proficua nell’espletamento dei compiti dei custodi”.

Il passaggio saliente, però, è un altro: finalmente si passa alla fase operativa. In merito ad un ridimensionamento della produzione, Sebastio ha invitato ancora una volta i cronisti a leggere il provvedimento del Riesame che non prevede alcuna facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sottoposti a sequestro: «Il gip prima e il tribunale del Riesame poi hanno detto che non esiste. Il resto lasciamolo fare ai custodi».

Sui costi degli interventi da mettere in atto per adeguare gli impianti Sebastio non si è pronunciato. Ha preferito, invece, rivelare un interessante dettaglio della relazione messa a punto dai consulenti della Procura: «Se l’azienda dovesse decidere di attivare i lavori per rendere ecocompatibili gli impianti si avrebbe non solo la necessità di utilizzare l’intera forza lavoro attualmente in carico allo stabilimento, ma si dovrebbe anche attingere dall’esterno per acquisire ulteriori risorse. Si realizzerebbe un indotto costituito da alcune migliaia di lavoratori in più». Lavoratori che non sarebbero utilizzati per produrre acciaio, quindi, come ribadito dal procuratore Sebastio, ma solo per l’attività di ambientalizzazione».

Interessante è ciò che emerge in merito ai parchi minerali. «Nei loro confronti vige il blocco: non si potrà scaricare più altro materiale. Resta il problema di eliminare quelle masse sterminate di polveri di minerale attualmente esistenti. I tecnici stanno studiando la maniera per ridurre quelle montagne che non possono rimanere così. Sono già stati studiati degli interventi per eliminare lo spolverio del minerale che da sempre sta lì».

Insomma, le parole di Sebastio fanno intuire il colossale lavoro che si prospetta sia per i custodi che per l’Ilva. Ci sarà la reale volontà dell’azienda di investire in attività di ampia portata e dal notevole impatto economico? Sarà disponibile a seguire il percorso dell’ambientalizzazione prospettato dai consulenti della Procura acquisendo addirittura nuova manodopera? E’ questo il nodo cruciale. E’ questo l’interrogativo che rimane sospeso nell’aria mentre il procuratore Sebastio si avvia verso l’automobile che lo porterà a casa.

Alessandra Congedo
giuseppe nuovo Inserito il - 20/08/2012 : 19:03:15
COMUNICATO STAMPA
di Peacelink e Fondo Antidiossina Taranto Onlus
(che Argonauti.org sottoscrive)

Le motivazioni del Tribunale del Riesame sono chiarissime: la produzione dell'Ilva va fermata perché è un pericolo per la salute. E' esattamente quanto sostenevamo noi. Non era difficile intepretare il testo in italiano del dispositivo del Tribunale del Riesame. E, tuttavia, da parte di Vendola e di Clini, vi era un susseguirsi di dichiarazioni forse fatte appositamente per con
fondere le acque. Sembrava che non volessero capire. E' stato penoso ed anche molto sgradevole vederli snaturare ed alterare i testi della magistratura.

E ora che è tutto chiaro, una volta per tutte, i lavoratori capiranno che il lassismo del mondo politico, soprattutto quello compiacente, ha generato questo stabilimento abnorme che fuma e inquina davanti alle nostre case in modo intollerabile per la salute. La fabbrica dei veleni, per tanto tempo nascosta, è ora lì, e va fermata.

Ora l'AIA andrà rilasciata a impianti fermi e adottando solo le migliori tecnologie, sempre per chi nutra ancora la speranza, per noi a questo punto vana, considerando che un impanto di siffatte dimensioni e vicinanza alla città, possa essere mai ecocompatibile. Basta morti in nome del profitto e si lasci spazio alla bonifica dei suoli, una operazione gigantesca che potrà dare lavoro a migliaia di operai.

Alessandro Marescotti - Peacelink
Fabio Matacchiera - Fondo Antidiossina Taranto Onlus
giuseppe nuovo Inserito il - 20/08/2012 : 19:00:58
Una lettera che dice tutto
con linguaggio pulito, trasparente... da mandare a tutti i venditori di fumo


http://tvtaras.blogspot.it/2012/08/...tml?spref=fb

UNA GENOVESE SCRIVE AI TARANTINI

Non sono mai stata a Taranto, ma sono nata 40 anni fa a Cornigliano (Genova) e lì ho vissuto per oltre 20 anni, davanti alla mostruosa acciaieria, che ha distrutto per sempre un quartiere che all’inizio del secolo scorso era tra le più rinomate località balneari della Liguria.

Ero solo una bambina o un’adolescente poco consapevole, ma ricordo bene le lotte delle donne di Cornigliano per porre un limite al mostro che si mangiava le nostre vite.

Ricordo i tanti giorni in cui si respirava una puzza acre e si dovevano tenere chiuse le finestre, ricordo la polvere nera, grigia, rossastra, che si posava ovunque, sulle persiane, sui vetri, sul bucato e i sui nostri polmoni.

Per protesta si appendevano le lenzuola bianche alle finestre e in breve tempo diventavano grigie di veleno.

Allora non c’era internet e se il benzene aveva sforato i limiti di decine di volte, si veniva a saperlo (mica sempre) dopo mesi e mesi che l’avevamo già respirato… Ricordo i botti delle esplosioni, e le nuvole di fumi che si levavano immense, illuminate dalla luce arancione industriale; mio padre mi spiegava che i fumi peggiori però erano quelli che non si vedevano, che uscivano di notte.

Mio padre per un periodo aveva lavorato a quella che allora si chiamava Italsider (oggi Ilva): per sua fortuna lavorava negli uffici, ma qualche volta era entrato nella zona di lavorazione e raccontava che sembrava di essere arrivati all’inferno.

Mio padre ogni estate cercava di portarci via per respirare un po’ di aria sana almeno qualche mese all’anno.
Andavamo in affitto in un modesto appartamento in campagna in Piemonte e quando arrivava settembre e dovevamo tornare a casa io e mia sorella piangevamo.

Mio padre è già stato operato per due tumori, magari il benzene non c’entra, ma chi lo saprà mai?…

Coi miei genitori abbiamo dovuto aspettare più di 20 anni per poterci permettere di scappare dall’inquinamento e cambiare casa, per trasferirci in un piccolo appartamento un po’ più lontano da quell’aria avvelenata contro la quale non c’era difesa.

Eppure, senza le acciaierie invece saremmo stati ricchi: i miei nonni nel secolo scorso avevano costruito ed erano proprietari di interi palazzi a Cornigliano, in riva al mare.

Poi la vista mare si è trasformata in vista altoforno e quei palazzi nel giro di pochi anni non valevano più nulla.
Ma quando dico nulla intendo proprio nulla, li abbiamo venduti tutti per poche lire e tolti i debiti e le spese non c’è rimasto niente.

Nessuno ha mai ripagato i corniglianesi di tutta quella loro ricchezza persa.
Persa, perché qualcun altro si è voluto arricchire sulla nostra pelle.

La famiglia Riva si è arricchita, producendo senza volere spendere il necessario per i filtri e la tutela dell’ambiente.
Erano pochi spiccioli in confronto ai loro guadagni, ma chi è accecato dalla sete di profitto cerca di ridurre ogni spesa, anche se a scapito della salute della gente.
La famiglia Riva si è arricchita, migliaia di operai hanno lavorato, certo, sebbene in condizioni disumane, ma dall’altra parte migliaia di famiglie a Cornigliano hanno perso, oltre che la salute, il valore delle loro case, dei loro negozi, delle loro attività imprenditoriali.


Hanno dovuto scappare, chiudere, ammalarsi.
I bei negozi della mia infanzia a Cornigliano non esistono più.
Ora ci sono solo supermercati latinos, macellai halal e doner kebab… Cornigliano è diventata un ghetto per stranieri, per i vecchi e i più poveri che non possono scappare.


Dal 2002 l’altoforno è stato finalmente spento, sono rimaste solo le lavorazioni a freddo, ma il quartiere non si è mai più ripreso.
Eppure come era bella Cornigliano prima delle acciaierie!
Mio zio mi mostra le foto della spiaggia dove facevano il bagno con quei buffi costumi di settanta anni fa, sullo sfondo il maestoso castello Raggio, proteso in mezzo al mare.
Hanno distrutto tutto, spiaggia e castello, in nome del progresso (?) e dell’industria.

Lo zio, così come i miei, sono riluttanti a parlarne, sento che dentro di loro c’è ancora un dolore pungente, una rabbia forte per quello di cui sono stati derubati, per quello che è stato consentito, per uno stato che non li ha protetti e salvaguardato i loro interessi.

Vi chiedo allora: quei posti di lavoro in acciaieria valevano tanta distruzione? Senza neanche considerare il valore inestimabile della salute e dell’ambiente, se facessimo un bilancio tra la ricchezza guadagnata dalla popolazione (salari dei lavoratori) e quella persa da tutto il quartiere, dove starebbe l’ago della bilancia? Io la mia risposta me la sono già data…

E così quando oggi sento che il governo vuole fare ricorso contro il giudice che finalmente a Taranto ha avuto il coraggio di fare quello che altri avrebbero dovuto fare da anni … Ecco, mi sembra che il mondo vada a rovescio, mi pare che siamo tornati indietro di un secolo riguardo alla difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Mi prende lo sconforto, mi sento una cittadina tradita e soffro come se a Taranto ci abitassi anche io…


14/08/2012 - Silvia Parodi
giuseppe nuovo Inserito il - 20/08/2012 : 18:43:46
Bellissimo artiolo da leggere tutto
"Buona parte della provincia di Taranto (con i comuni di Laterza, Castellaneta, Mottola e Massafra in primis, dove già incide l'inquinamento dell'inceneritore di Cdu realizzato di recente) ed almeno la parte sud di quella di Bari (con i comuni di Gioia del Colle, Noci e Santeramo tra i più colpiti) si trovano ad occupare la poco invidiabile posizione di «aree di ricaduta polveri sottili»


http://www.vglobale.it/index.php?op...=121&lang=it

Lunedì 13 Agosto 2012

Ilva - Quando il profitto prevarica salute ed ambiente


Roberto Cazzolla Gatti, Biologo ambientale ed evolutivo

Le recenti vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto il polo siderurgico di Taranto hanno riportato l'attenzione dell'opinione pubblica sull'impatto ambientale dell'industria pesante italiana.

L'Ilva non è nuova agli onori della cronaca ed è stata spesso al centro delle polemiche riguardanti gli incidenti e le morti bianche sul luogo di lavoro. Ciò che è passato più inosservato negli ultimi anni è, però, l'eccidio silenzioso di centinaia di tarantini ed abitanti delle aree limitrofe alle ciminiere. La recente conferma del sequestro degli impianti per «disastro ambientale» da parte del gip Patrizia Todisco è soltanto l'apice di una vicenda che per troppo tempo ha sofferto di omertà e ricatti.

È ben noto, infatti, da molti anni che i livelli di neoplasie e leucemie che colpiscono gli abitanti delle aree intorno all'Ilva ed agli stabilimenti petroliferi di Taranto risultano di gran lunga superiori rispetto a quelli della media nazionale1. Polveri rosse si accumulano sui balconi e le auto del quartiere Tamburi, ma ciò che dovrebbe ancor più preoccupare viene spesso ignorato dai media. Le polveri sottili (con diametro inferiore ai 5-10 nanometri) sono invisibili all'occhio umano e possono volare per lunghissime distanze sospinte dai venti dominanti.

Recenti studi hanno dimostrato che le polveri del deserto del Sahara raggiungono in poche settimane le foreste del bacino amazzone, al di là dell'Oceano Atlantico. Figurarsi, dunque, dove possono giungere le nanopolveri emesse dalle ciminiere dell'Ilva che processano materiali ferrosi, i quali vengono spesso trattati con sostanze altamente inquinanti come mercurio, nichel e cadmio e frammentate, fuse, riassemblate con notevoli perdite nell'ambiente.

Buona parte della provincia di Taranto (con i comuni di Laterza, Castellaneta, Mottola e Massafra in primis, dove già incide l'inquinamento dell'inceneritore di Cdu realizzato di recente) ed almeno la parte sud di quella di Bari (con i comuni di Gioia del Colle, Noci e Santeramo tra i più colpiti) si trovano ad occupare la poco invidiabile posizione di «aree di ricaduta polveri sottili». In altri termini, se è vero che la città di Taranto, oltre al vergognoso primato di città più inquinata d'Europa, è il sito di deposito delle polveri macroscopiche ferrose, capaci di provocare sindromi polmonari acute, displasie e tumori, non certo possono tirare una boccata d'aria fresca tutti i cittadini dei territori che sorgono in un raggio di almeno 100-150 km a nord-ovest (direzione dominante del vento di Scirocco da sud-est che spira per il 65% circa dei giorni in un anno nella zona) del polo tarantino.

Proprio di recente è stata registrata nelle aree rurali circostanti all'Ilva un incremento notevole negli ultimi 20 anni di tumori maligni, soprattutto a carico dell'apparato respiratorio e del sistema digerente. Se le patologie polmonari trovano una diretta spiegazione nell'inalazione di microparticelle, diossine, furani e composti organici volatili provenienti dall'area industriale, più difficile sembra il collegamento con altri tipi di tumore. In realtà, appare emergere da recenti indagini di vari enti ed organizzazioni operanti sul territorio pugliese che i livelli di contaminazione del siero caseario (e, quindi, del latte bovino) ed olio d'oliva in alcune zone della provincia di Taranto e Bari supera i limiti imposti dalle leggi sanitarie in materia.2

Il collegamento è presto fatto: sostanze potenzialmente cancerogene (ad es. diossine e polveri sottili) che fuoriescono dalle ciminiere dell'Ilva e delle altre aziende presenti nell'area industriale di Taranto potrebbero spandersi a distanze notevoli diffondendosi a maglia tra le due provincie di Bari e Taranto e contaminare le colture cerealicole ed olivicole. Poiché i composti inquinanti industriali hanno una struttura liposolubile (capace, cioè, non solo di sciogliersi nei grassi, ma anche di passare la barriera cellulare lipidica e modificare direttamente il Dna), è probabile che l'elevata quantità presente nei suoli di ricaduta dei fumi e delle polveri possa finire, attraverso la catena alimentare, nel grasso latte vaccino ed all'interno delle olive (ricche di grassi vegetali, gli oli appunto). Questa eventualità, spesso passata inosservata e ricordata solo in casi eclatanti come la «mozzarella alla diossina campana», è invece un pericolo assai comune ed uno dei più gravi potenziali effetti collaterali dei molti anni di inquinamento atmosferico provocato dall'Ilva.

Se a tutto questo si aggiunge la contaminazione idrica dovuta allo scarico sia di acque di raffreddamento nei corsi d'acqua ed in mare, sia di un sistema di depurazione che non può rimuovere le ingenti quantità di metalli pesanti di risulta dei processi industriali, si ottiene un quadro ancor più desolante e completo di quanto passato nei molti speciali dedicati da tv e giornali nazionali.

L'assurdità della vicenda sta nel fatto che soltanto l'azione di magistrati coraggiosi, nonostante gli anni di battaglia delle associazioni ambientaliste e di molti cittadini di Taranto e dintorni, è riuscita ad aprire un dibattito su un'azienda che per anni ha operato indisturbata avvelenando un territorio meraviglioso come quello del golfo ionico e dell'entroterra barese. Il vergognoso della vicenda, invece, è che partiti politici che da sempre hanno volontariamente ignorato la problematica e non sono mai stati interessati alle vicende ambientali del Paese si ritrovino oggi a contestare le decisioni dei giudici rei, a loro dire, di minacciare la già precaria situazione economica e lavorativa del paese.

Ancora una volta, come ai tempi delle miniere (tempi che non sono mai finiti, ma sono stati semplicemente posposti in altre aree più povere del Mondo), il ricatto del lavoro prevale sulla tutela della salute e dell'ambiente.

Lo stesso Governo, capitanato dal molto poco ambientalista ministro dell'Ambiente Corrado Clini, si è schierato in prima linea contro la magistratura criticando la brutalità dell'intervento e la chiusura degli impianti. D'altra parte da un Ministro ed un Capo di Governo che, ancora, nonostante le evidenze del fallimento del modello di sviluppo economico-capitalista invocano crescita e consumi per uscire dalla crisi, non ci si poteva che aspettare simili affermazioni ed azioni. Ci si potrebbe attendere addirittura che il ministero dell'Ambiente italiano inizi uno sciopero bianco sino alla riapertura degli inquinanti reparti siderurgici. Questa presa di posizione del Governo ben poco lungimirante e tipica degli economisti che antepongono il profitto a tutto il resto, è l'aspetto più inquietante della vicenda. Tra le motivazioni del sequestro, infatti, vi è la reiterata inazione dell'azienda al risanamento ed alla bonifica delle aree inquinate oltre all'assenza di interventi per limitare le emissioni inquinanti degli impianti, negli ultimi dieci anni. Anni in cui l'attuale ministro Clini era direttore della divisione competete del ministero dell'Ambiente e non risulta che all'epoca si sia tanto scandalizzato del disastro ambientale in corso a Taranto.

È ovviamente sacrosanto tutelare i diritti dei lavoratori ed è l'azienda a doverlo fare. Basta ricordare che la normativa europea e le successive leggi italiane prevedono che spetti alle aziende inquinanti il risanamento con bonifica delle aree inquinate, il risarcimento dei danni alle persone colpite e per l'inquinamento causato ed è, pertanto, l'Ilva a dover coprire le spese per gli stipendi dei dipendenti attualmente senza lavoro, che per anni hanno subito in prima persona e sui propri famigliari i danni delle emissioni nocive.

L'Ilva dovrebbe risarcire i lavoratori dei danni subiti e potrebbe impiegarli, pagando ovviamente il loro stipendio, per le operazioni di bonifica degli impianti. Allo stesso tempo dovrebbe essere categorico e non opinabile, come assurge la classe dirigente del Paese, che gli impianti debbano restare chiusi sino alla totale bonifica (semmai questa fosse davvero possibile) e dovrebbero riaprire soltanto ad avvenuto adeguamento per limitare al minimo l'inquinamento.

Questo ennesimo capitolo di devastazione dell'ambiente naturale e diniego della salute umana quale bene primario da tutelare, dimostra ancora una volta quanto l'aspetto economico sia dissociato da quello ecologico. Soltanto assicurando il mantenimento dell'ambiente naturale, e quindi anche della salute umana, si possono garantire adeguate condizioni di lavoro che migliorino la vita di tutti.

L'ossessione per la crescita, proposta da ignoranti e ciechi economisti ortodossi, sta portando alla riduzione della considerazione del lavoratore, del cittadino e dell'ambiente naturale a semplici beni di consumo per raggiungere l'obiettivo orbo dello sviluppo. Dove porti questo sviluppo nessuno lo sa.

Forse, per una volta, Taranto ha da insegnare qualcosa all'Europa che non sia un nuovo limite di inquinamento da superare: la spinta alla crescita basata solo sugli interessi economici e di profitto, che prevaricano la salute delle popolazioni e minacciano l'ambiente, porta inevitabilmente allo scontro finale, dove tutti ne escono perdenti. La capitale ionica dell'antica Grecia rischia in un colpo solo di perdere migliaia di posti di lavoro ed una delle più grandi aziende del paese.

Ciò che ha già perso, d'altronde, non può giustificare l'apertura forzata di impianti che continueranno ad inquinare indisturbati come fatto negli ultimi vent'anni. Ciò che ha perso è la vita dei malati di tumore al colon ed ai polmoni, dei bambini prematuramente scomparsi per leucemia, degli operai travolti dall'abominevole furia della produzione e la natura, che ai tempi della Magna Grecia faceva di Taranto e dintorni un vanto per l'intero regno ellenico, e che ora è ridotta ad un cumulo di polvere rossa a ricoprire pallidi ulivi ed aridi pascoli.





1 Secondo uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione si registra nell'area del tarantino un «eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute».



2 A tal proposito, una buona base d'indagine scientifica, per dimostrare una volta per tutte il collegamento diretto tra emissioni dell'impianto ed inquinamento ambientale, sarebbe l'avvio di un'indagine sotto forma di questionario per i cittadini da parte delle associazioni interessate. Si potrebbero consegnare formulari con domande specifiche sullo stato di salute dei componenti di ogni famiglia e dei casi di inquinamento riscontrati, a gruppi selezionati di persone che risiedono in aree dal raggio sempre più ampio rispetto all'Ilva (ad es. a 10-20-40-50-70-10 km di distanza dagli impianti) e valutare la variazione statistica di neoplasie, leucemie, sindromi polmonari incidenti sulla popolazione, correlandole alla distanza dall'industria ed agli effetti sull'ambiente, es. qualità del siero caseario e dell'olio d'oliva.
giuseppe nuovo Inserito il - 20/08/2012 : 13:07:23
apprendo dall'ANSA

ANSA. 12:07 - Il tribunale del Riesame ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva senza concedere la facoltà d'uso. ..... Depositate questa mattina le motivazioni in base alle quali il 7 agosto è stato confermato il sequestro dell'area a caldo dello stabilimento.
Il tribunale del Riesame, confermando il sequestro Ilva, dispone che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul percorso da seguire per interrompere i reati, i giudici - viene riferito da fonti giudiziarie - non si sbilanciano e affidano il compito ai custodi nominati dal gip e alla procura.
Il provvedimento - notificato all'Ilva - è di circa 120 pagine

http://www3.lastampa.it/cronache/se...lstp/465943/

20/08/2012 - i militari avevano assistito personalmente agli sbuffi di fumi rossi dell'acciaieria
Diossina e ossido di ferro dall'Ilva
"Il ministero sapeva tutto dal 2011"


I fumi dell'Ilva
Il rapporto dei carabinieri
del Noe fu inviato alla Prestigiacomo: "Emissioni diffuse"
guido ruotolo

L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente. Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA, l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla. Nessun intervento, interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva.

L’allora ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per addolcire l’AIA. Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno scorso.
Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani» sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore su 24, nella acciaieria più grande d’Europa.

E registrò il cosiddetto fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2.

Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di «slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza: all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni. In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere giustificati per la eccessiva frequenza.

Naturalmente viene spontaneo chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno.
E la risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli «slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da «errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche».
L’attività di monitoraggio del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura, viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente.

Il rapporto del Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante l’incidente probatorio. E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del 2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva. Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori».
giuseppe nuovo Inserito il - 19/08/2012 : 00:34:00
http://www.agoramagazine.it/agora/s...article30757

Taranto / ILVA dopo lo show inconcludente di due ministri, ecco cosa serve sul serio

domenica 19 agosto 2012 di Erasmo Venosi

L’invio a Taranto dei Ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente, rappresenta la dimostrazione evidente del livello di degenerazione cui è arrivata questa classe dirigente, inadeguata, autoreferenziale e con lo sguardo rattrappito sul passato. Le rassicurazioni del Ministro dell’Ambiente, sul riesame dell’Aia a Ilva è il solito pistolotto, sparato da chi è esperto di burocratese e fonda le sue affermazioni unicamente sulla variabile tempo che, consente poi di non apparire responsabile di nulla: e questi ministri di mesi disponibili ne ha appena sei!

Sembra che tutta l’azione del Ministero dell’Ambiente si fonda sui nuovi Brefs, elaborati per i settori ricadenti nella normativa IPPC (Integrated Pollution Prevention and Controll ovvero prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento). Che cosa sono e come funzionano e soprattutto, come potranno essere lo strumento “risolutore” dei problemi di Ilva?

La Commissione Europea, pubblica ogni tre anni i documenti d’indirizzo del cosiddetto “Processo di Siviglia”, documenti denominati B.REF. ovvero BAT Reference Documents e che riguardano 32 settori nei quali sono individuate, per varie classi d’impianti, le «migliori tecniche disponibili» BAT (Best Available Tecniques) che, costituiscono le tecnologie da prendere a riferimento nel rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA).

I Brefs sono documenti di riferimento, non vincolanti, finalizzati a rendere diffusa ed efficace la conoscenza sulle migliori tecniche disponibili nell’Unione Europea. Il loro utilizzo negli Stati membri può essere, diretto o indiretto cioè come base per l’emanazione di documenti di riferimento per le Linee Guida nazionali. Sulla G.U. dell’Unione Europea dell’8 marzo 2012 sono state pubblicate le BAT per la siderurgia. Che cosa prevede la procedura per queste nuove Bat? Prevede che queste Bat siano “ convertite “ in Linee Guida Nazionali approvate con decreto del ministero dell’ambiente. Né la Prestigiacomo né il duo Clini –Passera mi risulta abbiano approvato il decreto! L’unico decreto emanato e relativo all’istituzione della Commissione Nazionale per le Linee Guida è del 19 novembre 2002.

Il tanto strombazzato adeguamento alle nuove Bat, da parte del settore siderurgico non assolve all’obbligo di quanto prescritto al comma 2 dell’art 4 dell’ex dlgs 59 del 2005 che così recita “Le linee guida di cui al comma 1 sono definite con il supporto di una commissione composta da esperti della materia alla quale partecipano, anche a titolo consultivo, i rappresentanti d’interessi industriali e ambientali, istituita con decreto dei Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive e della salute, senza oneri a carico del bilancio dello Stato. Limitatamente allo svolgimento dei compiti inerenti alle attività di cui al punto 6.6 dell’allegato I, la commissione è integrata da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole e forestali. La commissione assicura inoltre il supporto ai Ministri di cui al comma 1, in ordine ai provvedimenti attuativi del presente decreto e allo scambio di informazioni di cui all’articolo 14, commi 3 e 4. FINO all’ISTITUZIONE della PREDETTA COMMISSIONE COME SOPRA INTEGRTA opera, allo stesso fine, la commissione già istituita ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”.

Incredibile che un Ministro vada in televisione e comunichi agli italiani che Ilva si dovrà adeguare alle nuove Bat senza che lui , possa dimostrare che le nuove Bat sono legge dello Stato a cui può far riferimento l’Aia nelle prescrizioni! Inoltre un altro punto , merita un chiarimento e che riguarda proprio l’uso delle Bat definite dall’art 2 “ migliori tecniche disponibili: la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi a evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso.

Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all’allegato IV. S’intende per:

1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;

2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’APPLICAZIONE in CONDIZIONI ECONOMICAMENTE e tecnicamente VALIDE nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso”.

Le BAT quindi sono applicate solo se ritenute “ economicamente valide” salvo che, nell’Aia, la Commissione che fa l’istruttoria tecnica e quindi poi il Ministro dell’Ambiente, non fissi limiti più rigorosi di quelli fissati per legge tenendo conto della specificità dell’area e quindi “ costringendo” di fatto, la società ad applicare le Bat.

Dai Ministri Clini e Passera ci si doveva aspettare almeno dichiarazioni di questo tipo , considerato lo stato di criticità dell’area, dichiarata in emergenza ambientale con decreto del 1989 e i volumi d’inquinanti a elevata tossicità che, fuoriescono dall’impianto siderurgico.

Infine appare subdolo e inquietante l’uso del termine bonifica che, si riferisce alle matrici ambientali contaminate e che nulla hanno a che fare con le prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. E’ sufficiente riferirsi a quanto codificato nel codice ambientale che parla di bonifica quando in un sito, a causa del superamento della concentrazione della soglia di contaminazione fissata dalla legge, si effettua, una specifica analisi di rischio e si verifica il superamento della soglia di concentrazione di rischio. Nulla quindi a che fare con Bat e limiti di emissione, variabili in rapporto alla situazione ambientale locale e agli obiettivi di qualità. La vicenda tarantina è un orrendo segnale di continuità in un Paese che, ha “occultato” Seveso , provocato le stragi da mesotelioma prodotto dall’amianto, inquinato con la Montedison ed Enichem la laguna veneta e causato centinaia di decessi di operai con il cloruro di vinile monomero. Tutto questo si è verificato per l’assenza di una cultura che persegua la ragionevole follia della tutela dei beni comuni, ma non è mai troppo tardi per impedire la sopraffazione dell’interesse generale e di diritti naturali come quello della salute.
giuseppe nuovo Inserito il - 15/08/2012 : 11:59:24
Ci dicono di abbassare i toni
Ci dicono che bisogna essere moderati
Ci dicono che bisogna essere equilibrati e bilanciare il diritto al lavoro con quello alla salute
Ci dicono che l'inquinamento dipende dal passato e che adesso la fabbrica è a posto
BUGIARDI!!!
A dircelo sono gli stessi che ci hanno venduti.

Immagine:

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sulla Gazzetta di oggi
http://www.lagazzettadelmezzogiorno...tizia=543188

«Quella rete di relazioni con i dirigenti regionali»
di Mimmo Mazza

TARANTO - Una azione insistente e sistematica. Finalizzata a ridurre il danno derivante da sanzioni e controlli. Dalle carte dell’inchiesta «Environment Sold Out» che sta per «Ambiente venduto», emergono circostanze, colloqui e manovre che fanno capire come l’Ilva, tramite il suo consulente Girolamo Archinà, licenziato in tronco sabato scorso dal neo-presidente Bruno Ferrante e con l’avallo del patron Emilio Riva (costretto agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso), avesse steso una rete capace di controllare, anzi condizionare, gli enti pubblici.

Il cuore dell’indagine condotta dai militari del Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza è, come rivelato dalla Gazzetta, ancora nelle mani del sostituto procuratore Remo Epifani, chiamato a rassegnare le sue conclusioni nelle prossime settimane. Una parte di quell’indagine è però confluita nei fascicoli che hanno portato alla fine di luglio al sequestro dell’area a caldo dell’Ilva e all’arresto di 8 tra proprietari e dirigenti (per cinque di essi, la misura cautelare è stata annullata dal tribunale del riesame).

Sono una ottantina le pagine depositate agli atti del tribunale del riesame dalla Procura per dimostrare come l’Ilva si muovesse per evitare i controlli anti-inquinamento e nuove misure per ridurre le emissioni.

Eloquente è l’episodio avvenuto il 13 luglio del 2010, quando il professor Giorgio Assennato, direttore generale di Arpa Puglia, contatta Girolamo Archinà per comunicargli di essere in possesso dei nuovi dati relativi al monitoraggio delle emissioni di benzo(a)pirene nel periodo gennaio/maggio 2010 dai quali emerge che i valori sono raddoppiati, arrivando ad una media di 3,11 nanogrammi al metro/cubo, rispetto ai precedenti 1,3 e soprattutto rispetto al limite imposto dalla legge, 1 nanogrammo al metro cubo. Agli atti dell’inchiesta c’è una mail, intercettata dagli inquirenti, con la quale Assennato in via confidenziale invia ad Archinà, il rapporto. Due giorni dopo, Archinà, con l’allora vicepresidente del gruppo Fabio Riva e il direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso (arrestato il 26 luglio scorso) vanno a Bari per incontrare il governatore Nichi Vendola, incontro sollecitato dallo stesso Vendola ad Archinà il 6 luglio prima con una telefonata con la quale lo informava di non essersi dimenticato della questione Ilva. A parlare al telefono degli esiti di quell’incontro sono Fabio Riva con il figlio Emilio (nipote dell’omonimo ingegnere). Fabio sostiene che è andato tutto bene, il figlio gli suggerisce di «fare un comunicato stampa fuorviante, tanto per vendere fumo, dicendo che va tutto bene e che l’Ilva collabora con la Regione». Al termine della riunione, peraltro, anche l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, assieme al dirigente ing. Antonello Antonicelli, tiene una conferenza stampa, oggetto di una chiacchierata tra Archinà e Capogrosso. «Archinà dice che l’assessore Nicastro - si legge nell’informativa - è stato molto equilibrato e che comunque il tavolo tecnico per loro non si terrà il 19 luglio ma che verranno convocati successivamente e gli andrà bene perché l’assessore Nicastro sarà in ferie e quindi probabilmente all’incontro dovrebbe presenziare l’ing. Antonicelli con il quale lo stesso Archinà come si evince da altre intercettazioni, gode di un rapporto assolutamente diretto e preferenziale». Gli inquirenti d’altronde non hanno dubbi nel definire costante e sistematico l’intervento di Archinà - indagato a piede libero per corruzione in atti giudiziari - verso alcuni soggetti delle istituzioni che a loro volta lo assecondano quasi sempre, ridimensionando gli impatti che le azioni amministrative possano avere verso il siderurgico tarantino.

All’indomani dell’incontro con Vendola, ai vertici dell’Ilva viene notificata una nuova richiesta di incidente probatorio formulata dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta che ha portato al sequestro degli impianti e agli arresti. Copia dell’atto giudiziario viene inviata da Archinà all’avv. Francesco Manna, all’epoca dei fatti capo di gabinetto del governatore Nichi Vendola, con una mail, intercettata dai finanzieri, nella quale Archinà si lagna dell’accaduto («a che serve essere leali e collaborativi?») e riceve assicurazione che il tutto viene consegnato al presidente.

Archinà, grazie alle sue conoscenze, riesce perfino a pilotare i sopralluoghi e le verifiche all’Ilva. Lo si evince da una conversazione intercettata il 27 luglio del 2010 tra lui e l’ing. Pierfrancesco Palmisano, funzionario del settore ambiente della Regione Puglia. Archinà chiede a Palmisano chiarimenti in ordine ad un fax riguardante un sopralluogo da effettuare nello stabilimento siderurgico. Palmisano lo rassicura, dicendogli, quale segno di compiacenza secondo gli inquirenti, che il sopralluogo potrebbe «magari» essere fatto all’esterno, anche perché Archinà aveva già avuto rassicurazioni che sarebbe stato compiuto da una persona a lui gradita. Il direttore della fabbrica Luigi Capogrosso chiede lumi in tal senso ad Archinà e il consulente Ilva risponde di aver già preso accordo con il dirigente della Regione Puglia Antonello Antonicelli il quale gli ha assicurato che «i funzionari che interverranno per il sopralluogo - si legge nell’atto giudiziario - saranno portati negli uffici del secondo piano, dove verranno metaforicamente “legati alla sedia”, intendo ovviamente che non gli sarà consentita alcuna attività ispettiva all’interno dello stabilimento».

Circostanze inquietanti che, con tutta evidenza, devono essere ancora approfondite dalla magistratura.

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http://www.video.mediaset.it/video/...ellilva.html
immagini girate dagli operai dell'ILVA e dichiarazioni che si commentano da sole...


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