grandi novità nelle ultime ore!!!!! L'ILVA SPEGNE GLI IMPIANTI!!!
I custodi hanno notificato un provvedimento dove si ordina lo spegnimento immediato delle batterie 3,4,5,6 ed il rifacimento delle batterie 9,10 e 11. Spegnimento torri dalla numero 1 alla numero 7, eccetto la torre 2 e lo spegnimento completo degli altoforni 1 e 5. Spegnimento dell'acciaieria 1 e adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento completo del reparto 'Gestione materiali ferrosi' (Grf). (fabio matacchiera)
«L'Ilva spenga gli impianti» Stretta dei custodi giudiziari L'alt dei custodi arriva alla vigilia della presentazione del piano di investimenti per 400 milioni del presidente Ilva, Ferrante. I sindacati: «Grande preoccupazione». L'inchiesta: indagati 13 politici e funzionari
17 settembre 2012 listen this page A - A Stretta dei custodi giudiziari sull'Ilva dopo la nota del procuratore della Repubblica, Franco Sebastio, che sabato scorso ha ribadito che l'azienda non può produrre ma deve solo risanare gli impianti. Questa sera, si apprende da fonti sindacali, i custodi Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, hanno notificato all' Ilva una direttiva in cui ordinano il completo rifacimento delle batterie 3,4,5,6,9,10 delle cokerie degli altiforni, lo spegnimento delle torri che vanno dall'1 alla 7 eccetto la torre 2, lo spegnimento degli altiforni 1 e 5 a cominciare subito dall'altoforno 1, lo stop all'acciaieria 1, l'adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento del reparto Grf, gestione materiali ferrosi.
I custodi dispongono altresì che il personale in esubero in conseguenza della fermata impianti sia ricollocato nelle operazioni di bonifica. Anche fonti aziendali confermano la notifica del nuovo provvedimento. L'alt dei custodi arriva alla vigilia della presentazione alla Procura e ai sindacati del piano di investimenti per 400 milioni di euro da parte del presidente dell' Ilva, Bruno Ferrante. «Grande preoccupazione» viene manifestata dai sindacati per i nuovi sviluppi della situazione.
NEL FRATTEMPO IL MINISTRO CLINI MENTE SUI NUMERI DEI MORTI A TARANTO Il governo parla delle vittime dell'inquinamento con dati vecchi. Ma secondo l’Istituto Superiore della Sanità quelli nuovi sono pronti e dicono che la mortalià è aumentata del 10%
I MORTI DELL'ILVA DA TENERE NASCOSTI Balduzzi parla delle vittime dell'inquinamento con dati vecchi. Ma secondo l’Iss quelli nuovi sono pronti
Mortalità in eccesso a Taranto almeno del 10% in più rispetto ai dati attesi. I dati riguardano un periodo che dal 2002 arriva all’anno scorso e conferma il trend già evidenziato con il precendente dossier (1995-2002). I dati sono contenuti nella versione aggiornata del progetto epidemiologico Sentieri, dell’Istituto superiore della Sanità, che riguarda non solo Taranto ma i 52 Sin, siti di interesse industriale. I luoghi più inquinati d’Italia, che vanno da Porto torres a Marghera, a Casale Monferrato, a Taranto, appunto. Sentieri 2.0 Oggi il ministro della Salute presenterà l’evoluzione di Sentieri, che è stato diviso per categorie (malformazioni, vari tipi di tumori, etc) e Balduzzi ha precisato che «i dati aggiornati non sono ancora pronti, sono oggetto dell’analisi scientifica». Affermazione smentita da uno dei principali ricercatori del progetto che a Metro ha detto: «I dati aggiornati ci sono, arrivano anche al 2011, e sono pronti. Devono essere solo rilasciati, ma il governo se li tiene stretti perchè su Taranto qualsiasi cosa accade diventa un caso politico». Dati che stravolgono lo stato delle cose? «Tutt’altro - continua la nostra fonte, uno dei coordinatori del Sentieri 2.0 - confermano quanto hanno stabilito i periti del tribunale di Taranto con lo studio epidemiologico». A marzo fu depositata la perizia secondo la quale nel quartiere più vicino all’impianto c’è un morto ogni tre mesi imputabile all’inquinamento e in età pediatrica «si è accertato un eccesso di tumori maligni del 25%». Dati confermati quindi dall’Istituto superiore di sanità, che il ministro ha deciso di non divulgare ancora.
Spegnimento altiforno I custodi giudiziari degli impianti sequestrati hanno notificato ieri sera all'azienda una direttiva con la quale ordinano il completo rifacimento delle batterie 3,4,5,6,9,10 delle cokerie degli altiforni, lo spegnimento delle torri che vanno dall'1 alla 7 eccetto la torre 2, lo spegnimento degli altiforni 1 e 5 a cominciare subito dall'altoforno 1, lo stop all'acciaieria 1, l'adeguamento dell'acciaieria 2 e il rifacimento del reparto Grf, gestione materiali ferrosi. I custodi hanno disposto che il personale in esubero in conseguenza della fermata impianti sia ricollocato nelle operazioni di bonifica.
Giornata importante per l'Ilva: oggi presenterà alla procura il piano di risanamento, sperando di poter ricomporre la frattura ed evitare il sequestro (ha anche annunciato di voler rinunciare ai ricorsi contro le ordinanze annunciati ad agosto): 400 milioni di euro. Questo l'ordine di grandezza della cifra che l'azienda avrebbe intenzione di mettere sul tavolo per il risanamento degli impianti inquinanti dell'Ilva di Taranto messi sotto sequestro dai magistrati. La somma si aggiungerebbe ai 90 milioni messi a disposizione dal governo e a quelli che fanno riferimento ai fondi della Regione Puglia. Inoltre, altri 60 milioni di euro saranno disponibili all'inizio del prossimo anno. I lavori potrebbero iniziare a dicembre, in occasione del fermo di un altoforno per manutenzione. Manutenzione programmata che verrebbe però anticipata. Intanto ci sarebbe anche qualche novità sul tipo di interventi da realizzare per ridurre il rilascio di polveri nell'aria, fondamentalmente delle coperture da realizzare sul sito.
L'archistar L'orientamento dell'azienda sembrerebbe essere quello di coinvolgere un architetto di grido, un 'archistar', per realizzare una struttura esteticamente gradevole oltre che utile. Una struttura che possa diventare un elemento gradevole dello skyline della città. Ci sarebbe anche qualche nome che potrebbe essere coinvolto nel progetto: si parlerebbe di architetti del livello dello spagnolo Santiago Calatrava, della 'super-archistar' italiana Renzo Piano o forse addirittura del britannico Norman Foster. Altri nomi potrebbero essere coinvolti. Il risultato dell'intervento di copertura dei parchi minerali potrebbero essere delle cupole, dei 'dome' come vengono chiamate queste strutture, sul tipo di quelle realizzate in alcune centrali a carbone per evitare la dispersione di polveri. Strutture, per fare un esempio, come quelle del carbonile della centrale Enel di Torrevaldaliga nord.
La denuncia degli ambientalisti C'è il sequestro senza facoltà d'uso degli impianti, ma l'Ilva continua a inquinare. A sostenerlo è Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Antidiossina onlus, che ha realizzato un video notturno da cui emergerebbero "anomale emissioni dai camini" del Siderurgico. «Grazie all'occhio elettronico di una potente telecamera ad infrarossi - sottolinea Matacchiera - ho potuto fare questo nuovo video che potrebbe dimostrare che la diffusione di fumi e polveri continua regolarmente, investendo la città soprattutto durante le ore notturne. Si noti che i fumi scaturiscono soprattutto dalle aree basse sotto forma di emissioni diffuse e non convogliate». Matacchiera consegnerà domani la nuova documentazione alla Procura di Taranto. Ecco il video http://www.youtube.com/watch?v=7lSkWRcOMeA
Nonostante le pressioni enormi del governo e dei partiti che lo sostengono... la ruota gira. T"aranto, ultimatum della procura all’Ilva: “Cinque giorni per avviare lo spegnimento” http://www.ilfattoquotidiano.it/201...ento/375026/
I pm notificano un nuovo documento ai custodi e al presidente Ferrante: "Entro cinque giorni dovranno essere avviate le operazioni". Altrimenti, si legge, i custodi potranno affidarsi a terzi per le operazioni. Previsto lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, bonifica e dismissione del 3 e il fermo di sette batterie del reparto Cokeria
L’Ilva ha cinque giorni per avviare lo spegnimento degli impianti inquinanti, non c’è più tempo. La procura di Taranto nel nuovo documento notificato ai custodi e al presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, non usa mezzi termini. I magistrati hanno invitato “il custode amministratore Bruno Ferrante ad individuare e ad adibire con la massima urgenza possibile e, comunque, entro cinque giorni dalla comunicazione della presente direttiva, le maestranze necessarie, destinandole alle effettuazioni delle operazioni di cui sopra con relativi oneri finanziari, in piena collaborazione con gli altri custodi e sulla base delle loro direttive operative”.
Le direttive a cui il pool di magistrati guidato da Franco Sebastio fa riferimento, prevedono lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, la dismissione e la bonifica dell’altoforno 3, il fermo di 7 batterie del reparto Cokeria, e numerosi interventi nel reparto acciaieria. Misure dettate dai custodi tecnici con le disposizioni di servizio del 17 e 20 settembre, ma che sembrano essere cadute nel vuoto. Il provvedimento, infatti, è la risposta decisa dei pubblici ministeri alla denuncia di qualche giorno fa formulata dai custodi tecnici. “L’Ilva non collabora” aveva spiegato Barbara Valenzano al procuratore Sebastio, all’aggiunto Pietro Argentino e ai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. La reazione della procura, non si è fatta attendere.
L’azienda ora dovrà fare sul serio: collaborare concretamente e non solo a parole. “In caso di inottemperanza a tale ultima disposizione – scrivono ancora i magistrati – i custodi amministratori Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento si avvarranno della facoltà di nomina di ausiliari già loro concessa procedendo senza ulteriori indugi e osservando comunque tutte le cautele del caso, segnalando eventuali rifiuti, omissioni o abusi a questa Procura per tutte le possibili valutazioni del caso, anche di tipo penale”.
Insomma un vero e proprio ultimatum: o l’Ilva spegne gli impianti o sarà una ditta esterna a farlo e i vertici aziendali dovranno rendere conto in tribunale di “rifiuti, omissioni o abusi”. Dal prossimo 11 ottobre quindi, con o senza la collaborazione dell’azienda, i custodi tecnici nominati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco potranno “attuare le misure idonee ad eliminare le emissioni inquinanti intervenendo sugli impianti destinatari di tali misure, ferma restando la possibilità di adottare le eventuali cautele necessarie, ove tecnicamente sussistenti, per evitare danni gravi agli impianti medesimi, in vista di una loro successiva riutilizzazione, se possibile”. Insomma gli impianti vanno spenti per essere risanati e riutilizzati in futuro. Sempre che l’azienda sia disposta realmente a investire le somme, ingenti e necessarie, per rendere lo stabilimento siderurgigco di Taranto ecocompatibile.
la città sa da che parte stare e rifiuta il ricatto occupazionale da 6mila a 10mila persone in corteo per sostenere la magistratura e per ottenere verità e giustizia
I giornali di regime parlano di 2000 persone, ma le foto ed i video gitrati il 5 ottobre a Taranto dimostrano che erano molti ma molti di più
Ed anche gli operai non sono tutti dalla parte di RIVA. Ci sono quelli che sin dall'inizio stavano dalla parte della dignità e del diritto (i liberi e pensanti); ma anche laFiom ad onor del vero si sta distinguendo dalle altre sigle molto più accondiscendenti al profitto piuttosto che alla salute degli stessi lavoratori.
(AGI) - Taranto, 7 ott. - Preoccupazione e critiche verso l'Ilva da parte di Fim Cisl e del comitato 'Cittadini e lavoratori liberi e pensanti' perche' l'azienda "non dato alcun segnale sinora", ma nessuno sciopero. Questa la situazione a Taranto quando manca poco alla nuova direttiva di custodi e Procura che obbliga l'Ilva - in parte sotto sequestro per disastro ambientale - ad avviare le operazioni di spegnimento degli impianti entro cinque giorni.
L'ultima direttiva si rifa' al piano di fermate consegnate dai custodi all'Ilva lo scorso 17 settembre e rimasto inattuato. Piano che prevedeva che le fermate dovessero cominciare dall'altoforno 1 e che nei giorni scorsi era stato oggetto di un punto di situazione in un vertice a Palazzo di Giustizia. In questa sede i custodi avevano segnalato alla Procura come l'Ilva non avesse fatto nulla nell'arco di due settimane per attuare il piano. E di qui la decisione dei magistrati di imprimere una stretta. "L'accelerazione data dalla Procura - afferma Cosimo Panarelli, segretario della Fim Cisl di Taranto - conferma le nostre preoccupazioni e le nostre previsioni.
Gia' da meta' settembre avevamo detto chiaramente all'azienda che il piano da 400 milioni era del tutto inadeguato, che bisognava dare segnali di voler investire piu' forti e convincenti, che bisognava mettere in campo proposte di risanamento della fabbrica che andassero in direzione delle prescrizioni della Magistratura. Questo non e' avvenuto. Cosi' come l'Ilva, che pure aveva annunciato la volonta' di anticipare la fermata dell'altoforno 1, gia' prevista, in realta' non l'ha fatta. Dal sequestro a oggi nessun impianto si e' fermato: stanno marciando tutti, anche se al minimo. Se ora dovessi scioperare - aggiunge Panarelli - lo dovrei fare contro Riva che non rispetta gli impegni. Ma il gioco e' finito: se l'Ilva non vuole investire, lo dica chiaramente.
Noi vogliamo tutelare l'ambiente e il lavoro ma riscontriamo una grandissima assenza dell'Ilva". "Noi non ci opporremo ad alcuna azione della Magistratura tesa a ripristinare la legalita' e a far cessare reati gravi come quello del disastro ambientale - afferma Cataldo Ranieri, del comitato "Cittadini e lavoratori liberi e pensanti" - noi non vogliamo essere complici di chi, presumibilmente, sta causando a Taranto grandi problemi a partire dalle morti e dalle malattie dovute all'inquinamento. Ma al tempo stesso poniamo anche il problema di migliaia di lavoratori. Problema di reddito e non di ammortizzatori sociali perche' noi vogliamo lavorare. Non vogliamo il male della nostra citta' perche' siamo tarantini anche noi, ma chiediamo che si pensi al futuro dei lavoratori adesso che gli impianti stanno per fermarsi davvero. Se siamo a questo punto, la colpa e' solo di Riva. Non e' che l'Ilva non abbia i soldi per investire, il punto e' che non vuole assolutamente investire per risanare il siderurgico di Taranto". (AGI) .
Evvaiiiii!!!! Ambiente svendutoo.... solo i nostri politici non se ne erano accorti, ma... ci sta pensando la magistratura. Ce ne è anche per loro.
08:41 Taranto, terremoto all'Ilva, arresti e sequestri Taranto, 26 nov. - La Guardia di finanza sta eseguendo una serie di arresti e sequestri a Taranto nei riguardi dei vertici dell'Ilva e di esponenti politici nell'ambito dell'inchiesta 'Ambiente venduto'. Sotto la lente degli investigatori una serie di pressioni che l'Ilva avrebbe effettuato sulle pubbliche amministrazioni per ottenere provvedimenti a suo favore e ridimensionare gli effetti delle autorizzazioni ambientali. Tra le persone raggiunte dalle misure cautelari ci sono Fabio Riva, vicepresidente del gruppo Riva e figlio di Emilio Riva (gia' ai domiciliari dal 26 luglio scorso) e fratello di Nicola Riva (anche lui ai domiciliari dal 26 luglio); Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto anche lui ai domiciliari; Michele Conserva, ex assessore all'Ambiente della provincia di Taranto dimessosi nei mesi scorsi; Girolamo Archina', ex consulente dell'Ilva, addetto ai rapporti con le pubbliche amministrazioni e licenziato dall'attuale presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, ad agosto quando emersero i primi particolari dell'inchiesta 'esplosa' oggi. La seconda ordinanza riguarda una serie di sequestri, attualmente in corso .
Ilva, arresti e sequestri in corso a Taranto. Coinvolti politici e famiglia Riva Quattro persone sono finite ai domiciliari e tre in carcere nell'ambito dell'indagine "Ambiente svenduto". Tanti gli indagati a piede libero tra i quali anche le autorità politiche di ogni livello che in questi anni non avrebbero controllato i danni arrecati dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica tarantina
Il nucleo operativo della Guardia di finanza di Taranto ha dato il via alle 6 di questa mattina all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale ionico nell’ambito dell’indagine denominata “Ambiente svenduto”. Quattro persone sono finite ai domiciliari e tre in carcere. Nel mirino delle fiamme gialle, guidate dal capitano Giuseppe Di Noi, è finito il “sistema Archinà”, ex consulente dell’Ilva, e i suoi contatti con le istituzioni locali e nazionali per garantire immunità allo stabilimento siderurgico ionico e “tenere tutto sotto coperta”. Sarebbero circa dieci persone destinatarie di misure personali tra arresti in carcere, detenzioni cautelari e interdizioni. Tanti gli indagati a piede libero tra i quali anche le autorità politiche di ogni livello che in questi anni non avrebbero controllato i danni arrecati dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica tarantina.
Vertici dell’Ilva, tra i quali Fabio Riva (vice presidente presidente del Gruppo Riva Fire), ma anche politici locali come l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (dimessosi alcuni mesi fa proprio per questa vicenda come anticipato da ilfattoquotidiano.it). E poi funzionari amministrativi e imprenditori operanti nel settore dei rifiuti. Tre i provvedimenti emessi: il primo dal gip Patrizia Todisco riguarderebbe i vertici Ilva e il sistema di relazioni gestito da Girolamo Archinà, pizzicato dalla guardia di finanza il 26 marzo 2010 mentre incontrava l’allora perito della procura in un’indagine sull’Ilva per consegnargli, secondo la procura, una tangente di diecimila euro, per ammorbidire una perizia. Dalle intercettazioni telefoniche, oltre diecimila conversazioni, il nucleo operativo delle fiamme gialle avrebbe ricostruito il modus operandi dell’ex addetto alle relazioni istituzionali. C’è anche Lorenzo Liberti, ex consulente della procura. Giornalisti compiacenti, funzionari amici e politici sottomessi avrebbero contribuito ad occultare il disastro ambientale oggi contestato ai vertici dello stabilimento.
Il secondo invece, emesso, dal gip Vilma Gilli, riguarderebbe la concessione da parte dell’amministrazione provinciale guidata da Gianni Florido delle autorizzazioni alle discariche, tra le quali anche la Mater gratiae che si trova all’interno dell’Ilva. In questo provvedimento sarebbe stato coinvolto anche Gianpiero Santoro, tecnico scelto dall’ente provinciale come rappresentante nella commissione che ha appena rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale. Il terzo provvedimento, secondo le prime indiscrezioni, riguarda il sequestro della produzione dell’Ilva che le autorità potrebbero ‘commissarriare’ e sarebbe finalizzato alle operazioni di risanamento.
L’indagine inizialmente è stata condotta dal sostituto procuratore Remo Epifani ed è in parte confluita nell’inchiesta per sisastro ambientale coordinata dal pool formato dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. Alla base di questi nuovi provvedimenti ci sarebbe il lavoro svolto dagli uomini del capitano Di Noi raccolto in una informativa di pltre 700 pagine.
aggiornamenti continui.. è un momento 'storico'!! Molto curiose alcune considerazioni scritte nel comunicato ufficiale dell'ILVA: .. "ILVA ribadisce con forza l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano."... Con quale faccia di bronzo si può negare la drammatica emergenza sanitaria della città di Taranto dimostrata da tante perizie.
Ilva: «Chiude lo stabilimento di Taranto»
Taranto - L’Ilva ha annunciato questa sera che il sequestro dei rifornimenti destinati allo stabilimento siderurgico e il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto deciso oggi dalla Procura nell’ambito di un’inchiesta per corruzione comporterà la chiusura dell’impianto.
Una fonte sindacale ha detto a Reuters che la misura scatterà già dal primo turno di questa sera con le ferie forzate per i dipendenti dell’area «a freddo», ma una fonte aziendale ha detto invece che la misura non è ancora operativa.
Poco prima della notizia della chiusura il segretario Fim Cisl Marco Bentivogli aveva annunciato: «L’azienda ci ha appena comunicato la chiusura, pressoché immediata, di “tutta l’area attualmente non sottoposta a sequestro” e ciò riguarda oltre 5000 lavoratori cui si aggiungerebbero a cascata, in pochi giorni, i lavoratori di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica».
In una nota l’azienda ha detto che presenterà ricorso contro la decisione dei gip, che ha portato anche all’arresto di sette persone tra cui dirigenti ed ex di Ilva e del Gruppo Riva, da cui lo stabilimento dipende.
Nel frattempo, però, l’azienda «ottempererà» all’ordine e questo «comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto».
In un messaggio su Twitter, il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli ha scritto: «La direzione Ilva ci ha appena comunicato la chiusura di tutta l’area non sottoposta a sequestro». Alla fine di luglio la magistratura, che ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale, ha sequestrato l’area «a caldo» dello stabilimento, per l’emissione di sostanze inquinanti superiori alla norma che, secondo perizie epidemiologiche, avrebbero provocato tassi eccessivi di decessi per tumori a Taranto.
Nelle scorse settimana l’azienda ha chiesto la cassa integrazione per un massimo di 2.000 dipendenti dell’area a freddo, motivandola con la crisi del settore siderurgico. Secondo l’Ilva, la decisione di oggi dei magistrati «si pone in radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo del ministero dell’Ambiente», che ha emesso a ottobre una nuova autorizzazione integrata ambientale per bonificare lo stabilimento.
Arresti e perquisizioni Questa mattina il patron dell’Ilva di Taranto Emilio Riva, suo figlio Fabio ed altre cinque persone sono state arrestate con l’accusa a vario titolo di corruzione, concussione e associazione a delinquere. Lo riferiscono fonti giudiziarie e legali, aggiungendo che Emilio Riva, che non ha più cariche operative nel gruppo, si trova ai domiciliari, mentre il figlio Fabio, vicepresidente di Riva Group, è destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere firmato dai gip di Taranto Patrizia Todisco e Vilma Gilli su richiesta del pm Remo Epifani.
Al momento però l’uomo, che era già ai domiciliari, risulta irreperibile e gli agenti delle Fiamme Gialle lo stanno cercando per portarlo in carcere. Gli arresti sono relativi ad un’inchiesta parallela a quella per disastro ambientale, che nel luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’impianto siderurgico tarantino.
Nell’inchiesta, aggiungono le fonti, risulta indagato anche l’attuale presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante e l’ex presidente Nicola Riva per il quale la procura aveva chiesto l’arresto che è stato però respinto dal gip. Secondo i magistrati, riferiscono le fonti, uomini dell’Ilva avrebbero corrotto politici, periti ed imprenditori locali per mettere a tacere o almeno ridimensionare le attività inquinanti dell’impianto.
Non è stato possibile al momento ottenere un commento da parte del gruppo Riva. Tra gli altri arrestati oggi, l’ex dirigente per i rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso, entrambi già trasferiti in carcere. Poi l’ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, l’ex assessore di centrosinistra all’Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva (Pd) e l’ingegnere Carmelo Delli Santi rappresentante della Promed Engineering, tutti ai domiciliari.
Dalle nuove indagini sull’Ilva emergono «numerosi e costanti contatti di Girolamo Archinà, direttamente, e di Fabio Riva, indirettamente, con vari esponenti politici tra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola»: è quanto scrive il gip di Taranto nell’ordinanza di custodia cautelare per i vertici dell’Ilva.
In uno tra gli episodi di corruzione sotto la lente della procura, già emerso peraltro nell’inchiesta sul disastro ambientale, Archinà avrebbe consegnato a Liberti una busta con 10mila euro in cambio di una perizia «addolcita» sull’inquinamento dell’Ilva. Secondo una perizia epidemiologica consegnata alla procura tarantina, le emissioni del siderurgico tarantino hanno provocato in 13 anni quasi 400 morti tra la popolazione e un «eccesso di mortalità» per alcuni tumori tra i dipendenti dell’impianto.
Il Gruppo Riva, 17esimo produttore mondiale di acciaio, ha sempre respinto le accuse sull’Ilva. L’impianto tarantino dà lavoro a circa 12.000 persone. Nell’operazione di oggi, la Guardia di finanza ha anche sequestrato tutti i rifornimenti destinati all’Ilva e il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto.
LICENZE DI UCCIDERE ... PER DECRETO, MA LA MAGISTRATURA DISSENTE E LA CITTA' RESISTE
C’è il decreto ‘ad Ilvam’: l’azienda respira, Taranto no di Pierluigi Giordano Cardone | 29 novembre 2012
Il decreto ‘ad Ilvam’ ci sarà. Domani. Lo ha detto Mario Monti, lo ha deciso il governo. Perché l’acciaio è di fondamentale importanza per il manifatturiero di casa nostra; perché non si possono lasciare senza lavoro 20mila operai tra Taranto, Genova e le altre fabbriche collegate; perché con il blocco del siderurgico si infliggerebbe un colpo mortale anche ad altri settori del made in Italy, prima fra tutte l’industria automobilistica. Quindi la Fiat. La situazione è risolta. Nel nome della sopravvivenza e a prescindere dalle responsabilità, che non sono soltanto penali ma anche e soprattutto ‘storiche’. L’Ilva e ancor prima l’Italsider hanno avvelenato per decenni: le istituzioni lo sapevano benissimo, ma hanno preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, facendo finta di nulla e lasciando in eredità la bomba siderurgica su chi sarebbe arrivato dopo. Cavoli loro. Lo dimostra il ‘sistema Archinà’, lo confermano i legami che l’azienda aveva instaurato con ogni livello della società. Chiesa, sindacati, stampa e amministratori locali: tutti insieme appassionatamente. Poi sono arrivati gli ‘eversori’: i pm e i giudici, che hanno dovuto supplire alle mancanze di chi doveva vigilare e ha preferito non farlo. Hanno fatto rispettare la legge, al loro fianco ‘solo’ le migliaia di cittadini presenti ai processi. Loro non si sono più fidati di tv e giornali contaminati dai ‘rapporti istituzionali’ dell’Ilva. Si sono informati sulla Rete e hanno scelto da che parte stare. In massa. A Taranto non era mai avvenuto in decenni di inchieste. Risultato? Il lavoro degli inquirenti ha messo in crisi tutto il settore dell’acciaio.
E’ questione di Stato: tocca al governo dei professori sbrogliare la matassa. Miracolo tecnico e voilà il decreto. I ministri sono soddisfatti. La politica tutta è in festa. L’Ilva può riprendere la produzione. Il siderurgico può tornare a uccidere i tarantini. E sì, perché se è vero che l’Aia (divenuta legge per dl) impone i parametri per la bonifica, è altrettanto vero che i provvedimenti della Procura (uno su tutti: il blocco dell’acquisto di materie prime) avevano un effetto immediato sull’inquinamento. Già, il tempo. Un concetto che il governo ha dimostrato di avere ben presente nell’adozione del decreto, ma che ha dimenticato quando si è trattato di pensare alla salute dei cittadini. Anzi, il diritto alla salute dei cittadini, l’articolo 32 della Costituzione. Superato per dl. Come è stata superata l’obbligatorietà dell’azione penale dei pm in caso di reati ambientali all’interno dello stabilimento. La gestione della situazione, infatti, spetterà all’azienda stessa sotto il controllo del Tar. Quindi la procura non potrà far nulla. Esautorata. Ora, a meno che i magistrati tarantini non decidano di ricorrere alla Consulta per risolvere il palese conflitto dei poteri, il caso Ilva è ‘rattoppato’ almeno per i prossimi 24 mesi. E poi? Se l’azienda non ha rispettato gli impegni presi e quindi l’Aia? A vedersi. Ci penserà chi arriverà dopo. Cavoli loro. Macchine in moto. L’Ilva respira. Taranto no. Per decreto.
"Il governo si e' assunto la grave responsabilita' di risolvere al momento una situazione molto complessa vanificando gli effetti dei provvedimenti della Magistratura, di un sequestro preventivo emesso sulla base di un pericolo attuale e concreto per la salute di un'intera collettivita'". Cosi' il segretario dell'Anm, che svolge funzioni di pubblico ministero a Taranto, Maurizio Carbone, commenta il decreto legge approvato oggi in Consiglio dei Ministri.
Il Gip: lo stop è confermato « L’Aia non tutela la salute» di MIMMO MAZZA
TARANTO - L’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’Ilva dal ministro Corrado Clini, e da ieri divenuta legge, non è fondata su studi o accertamenti tecnico-scientifici, e ha tempi di realizzazione incompatibili con le improcrastinabili esigenze di tutela delle salute della popolazione e dei lavoratori, tutela che non può essere sospesa senza incorrere in una inammissibile violazione dei principi costituzionali. A demolire l’Aia, al centro del provvedimento d’urgenza adottato ieri dal governo Monti, è - nel provvedimento con il quale rigetta la richiesta di dissequestro degli impianti presentata il 20 novembre dal presidente dell’Ilva Bruno Ferranteil giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco che in 14 pagine non solo ha confermato il sequestro preventivo, senza facoltà d’uso, dell’area a caldo del siderurgico, ma probabilmente ha fornito anche la traccia che a Palazzo di giustizia si seguirà in merito al provvedimento salva-Ilva varato ieri dal governo. Il gip non usa mezzemisure. «Non esiste un costo, in termini di salute, sopportabile in uno Stato civile - si legge nel provvedimento - per le esigenze produttive e non è accettabile che il presente e il futuro dei bambini di Taranto sia segnato irrimediabilmente. Nessun ragionamento di carattere economico e produttivo dovrà e potrà mai mettere minimamente in dubbio questo concetto».
Secondo la dottoressa Todisco, l’Ilva aveva chiesto il dissequestro degli impianti perché aveva ottenuto l’Aia ma per a suo parere «il decreto di riesame dell’Aia, contrariamente a quanto sostenuto dai legali del gruppo Riva, non depenalizza né potrebbe scriminare il perpetuarsi delle condotte criminose in corso. Appare veramente assurdo motivare l’istanza di revoca con ragioni di natura economica. Sostanzialmente viene chiesto all’autorità giudiziaria di concorrere nella protrazione dell’attività criminosa, stante l’indiscussa sussistenza attuale delle emissioni fuggitive e diffuse, nocive per la salute delle persone». Il decreto «salva-Ilva» prevede che le misure cautelari reali non debbano impedire l’attuazione dell’Aia, e il gip replica, sempre indirettamente e peraltro alcune ore prima che il testo del decreto venisse licenziato, che «per adottare le misure previste dall’Aia sarebbe sufficiente una semplice richiesta all’autorità giudiziaria».
La dottoressa Todisco cita due articoli della Costituzione (il 32, sul diritto alla salute, e il 41, sull’iniziativa economica privata che non può recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana), facendo così affiorare i profili di anti-costituzionalità del decreto salva-Ilva e ricorda che «non soltanto l’ado zione della nuova Aia non vale affatto a dimostrare che sia venuta meno la situazione di concreto e grave pericolo a fronte della quale è stato disposto il sequestro» ma si chiede come sia possibile «alle attuali condizioni e nell’attuale stato degli impianti in sequestro, continuare da subito l’attività produttiva, senza prima pretendere, a tutela dell’incolumità dei lavoratori e della popolazione locale, che siano realizzati gli interventi indispensabili per interrompere l’attività criminosa per la quale proprietà e management dell’Ilva sono agli arresti». E a Palazzo di giustizia i magistrati stanno già valutando di sollevare un’ec - cezione di incostituzionalità o un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato.
DA: http://comitatopertaranto.blogspot.it/ Ecco, questo è il governo Monti, debole coi forti e forte coi deboli. Per addolcire la pillola della legge ad ilvam fa girare a mezzo stampa tutte le bojate sulle multe, il garante, il commissariamento, i posti di lavoro... Intanto Riva a Miami stappa lo champagne più costoso pagato con la salute dei tarantini. La bottiglia è grande, molto grande: ce n'è pure per i ministri, per i sindacati e per gli amministratori locali. Nello stesso istante gli operai d'Italia fanno festa per pochi spiccioli, stappano lo spumantino del discount senza sapere che ieri, 30 novembre 2012 è stata sancita la sconfitta del mondo operaio, delle ragioni delle popolazioni, e della stessa giustizia sociale. Se ne accorgeranno nei prossimi mesi... Ora, ironia della sorte, uno dei protagonisti della colonizzazione industriale di Taranto (parliamo dell'Italsider dell'IRI), Giorgio Napolitano, è chiamato a mettere la sua firma di Presidente sotto la seconda legge di schiavitù. Taranto città necessaria ancora per 6 anni (più le immancabili proroghe all'italiana...). Il suo nome è destinato a tornare nell'oblio di un'incollocabile agglomerato disordinato di case in Terronia. Posto puzzolente dove si discarica il brutto strategico perchè altre coste, altri paesaggi siano puliti e a prova di turisti. Una sottile speranza si chiama giustizia... Ilva, dl autorizza produzione previste multe 10% fatturato. Ma ora Riva rischia l'esproprio Procura valuta costituzionalità
Via libera dal Consiglio dei ministri al decreto legge per l’Ilva. Lo si apprende da fonti di governo. Il decreto legge “stabilisce che la società ILVA abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell’AIA”. “Qualora non venga rispettato il piano di investimenti necessari alle operazioni di risanamento, il decreto introduce un meccanismo sanzionatorio che si aggiunge al sistema di controllo già previsto dall’AIA”. E’ quanto si legge nel comunicato stampa che illustra il decreto varato dal Cdm. MONTI, E' DECRETO SALVA AMBIENTE, SALUTE, LAVORO Qualcuno l’ha chiamato “decreto salva-Ilva” ma io parlerei di decreto “salva ambiente, salute e lavoro”. "Non possiamo ammettere che ci siano contrapposizioni drammatiche tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro e non è neppure ammissibile che l’Italia possa dare di sè un’immagine, in un sito produttivo così importante, di incoerenza". Lo ha detto Mario Monti al termine del Consiglio dei ministri che ha varato il decreto Ilva. "L'intervento del governo è stato necessario perchè Taranto è un asset strategico regionale e nazionale", ha aggiunto Monti. "Credo abbia portato a un provvedimento che cerca di mettere in armonia" diverse esigenze, "ma in modo duro: sono convinto che in tanti casi non siano le leggi ad essere mancate, ma una seria e tempestiva applicazione delle leggi". MONTI, CASO PLASTICO DI ERRORI REITERATI"Questo caso è la plastica dimostrazione per il passato degli errori reiterati nel tempo e delle incoerenze di molte realtà, sia imprenditoriali che pubblico-amministrative, che si sono sottratte, nel corso del tempo, alla regola della responsabilità, dell’applicazione e del rispetto della legge". Così Mario Monti sull'Ilva. MONTI, NELL'APPLICAZIONE IL DL E' BLINDATO“Abbiamo una creatura blindata dal punto di vista della sua effettiva applicazione". Così il presidente del Consiglio Mario Monti, presentando il decreto legge sull'Ilva durante la conferenza stampa a palazzo Chigi. CLINI,SANZIONE 10% FATTURATO SE INADEMPIENTEIn caso di inadempienze per l’Ilva “restano tutte le sanzioni già previste e in più introdotta la possibilità di una sanzione sino al 10% del fatturato annuo dello stabilimento”. “E' una condizione di garanzia”. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini illustrando il decreto Ilva. “Il Garante ha un ruolo molto importante di vigilanza sull'esercizio impianti. Qualora l'azienda non rispettasse le prescrizioni, che sono misure puntuali su area a caldo, che a partire da novembre a tutto il 2014 e oltre cambieranno strutturalmente le produzioni dell’area a caldo, potranno intervenire sanzioni amministrative e sanzioni aggiuntive fino al 10% del fatturato. Questo perchè l’Aia assume stato di legge”.
La Camera approva il salva-Ilva Ilva rinuncia al ricorso sui prodotti Con 420 sì, 21 no e 49 astenuti passa il provvedimento che fa ripartire la produzione dell'acciaieria e restituisce ai Riva l'acciaio finito. Sì del Pdl, Lega astenuta, contrari i radicali. Ora il testo passa al'esame del Senato. Bonelli: "Sfiduciata la Costituzione"
Il governo, dopo aver incassato ieri la fiducia, sul decreto salva-Ilva ottiene il via libera dalla Camera. All'azienda come stabilito, oltre all’area a caldo, verrà restituito anche l’acciaio finito sotto chiave perché prodotto dopo il blocco degli impianti. Superate dunque le disposizioni dell'autorità giudiziaria, che ora - come ha ripetuto più volte il ministro dell'Ambiente Corrado Clini - dovrà "tenere conto di questa legge". Il testo passarà all'esame del Senato per l'approvazione in seconda seduta. Mentre a Taranto, nelle stesse ore, il presidente di Ilva Bruno Ferrante - forze dell'intervento del governo - ha depositato presso la cancelleria del tribunale del Riesame di Taranto la rinuncia al ricorso presentato nei giorni scorsi con cui si chiedeva la revoca del sequestro del prodotto finito e semi-lavorato posto sotto sigilli lo scorso 26 novembre. Revoca che aveva già incassato il no del gip Patrizia Todisco.
Approvato dunque il decreto legge recante "Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale (dl Ilva)", con 420 sì, 21 no e 49 astenuti. La Lega si è astenuta, mentre i radicali hanno votato contro. L'Aula ieri aveva confermato la fiducia al governo con 421 sì, 71 no e 24 astenuti sul testo scaturito dal rinvio in commissione per introdurre le modifiche chieste dalla commissione Bilancio per ovviare a problemi di copertura. Aveva votato a favore il Pdl che nella ultima fiducia si era astenuto.
Duro il giudizio degli ambientalisti, come lo era stato quello espresso ieri dall'assessore all'Ambiente ddella Regione Puglia, Lorenzo Nicastro: "Torniamo all’era borbonica - aveva commentato - in cui si decide per legge la vita del Paese. Quanto poi all’idea di un emendamento che permetta la commercializzazione del prodotto finito prima dell’entrata in vigore del decreto ribadisco che trattandosi di prodotto di reato potrebbe essere soggetto a confisca in caso di condanna degli imputati. Tecnicamente è come se si restituisse la refurtiva a un ladro in attesa di giudizio".
Oggi il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, rincara la dose: "Con il voto sul decreto salva Ilva il Parlamento ha sfiduciato la Costituzione. Non solo è un provvedimento incostituzionale sotto più profili (viola gli articoli 3-9-32-112 della Costituzione), cosa che emergerà con assoluta chiarezza quando se ne occuperà la Corte Costituzionale, ma è uno schiaffo senza precedenti alla magistratura che viene commissariata e umiliata". (19 dicembre 2012)