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giuseppe nuovo
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Inserito il - 12/08/2012 : 00:10:23
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per la bonifica dell'ILVA solo soldi pubblici (cioè nostri)! Il profitto ai Riva, invece lo sfruttamento, le morti, l'inquinamento e i debiti a noi!!
http://www.ilfattoquotidiano.it/201...yoto/323759/
Ilva, per la bonifica soldi pubblici destinati al protocollo di Kyoto Per risanare e bonificare Taranto, il governo stanzia 336 milioni. Di questi, 70 milioni concessi a tasso agevolato e tolti agli investimenti per le fonti rinnovabili. Mentre negli ultimi tre anni l'azienda ha continuato a macinare utili di Salvatore Cannavò | 11 agosto 2012
Nel decreto legge licenziato dal governo per la bonifica di Taranto ben 70 milioni di euro sono fondi destinati al finanziamento a tasso agevolato che presumibilmente saranno utilizzati dalla stessa Ilva. Si tratta di risorse che provengono dal “Fondo rotativo per l’attuazione del Protocollo di Kyoto”, istituito dalla finanziaria del 2006. Un fondo che dovrebbe riguardare interventi per le energie rinnovabili e il risparmio energetico e che, invece, ora sarà dirottato alla bonifica del sito tarantino. “Per me è una grande vergogna – dice al Fatto il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli – perché l’Ilva ha avuto utili negli ultimi 3 anni e si prende soldi dallo Stato che, tra l’altro, sono collocati in un capitolo destinato al solare e all’efficienza energetica”. Probabilmente, a usufruire di tali stanziamenti non sarà solo l’Ilva ma tutte le imprese collocate nell’area di bonifica, come ad esempio l’Eni. Quello che è certo è che finora, di soldi stanziati per ripulire l’inquinamento ultradecennale provocato dall’Ilva e dalle altre industrie velenose, si sono visti solo quelli pubblici. Che, però, servono soprattutto a intervenire sulla città, sul Porto o direttamente nel quartiere di Tamburi, quello maggiormentecolpito dalle polveri.
Il decreto emanato dal governo, infatti, ha stanziato 336 milioni di cui 329 pubblici e 7 milioni privati. In questa cifra sono ricompresi i 70 milioni di cui parla Bonelli, soldi certi, esistenti nel Fondo apposito. Così come sono certi i 110 milioni che provengono dal Fondo Sviluppo e Coesione della Regione Puglia, i 20 milioni del Ministero dell’Ambiente, stanziati per il “federalismo amministrativo” o, ancora i 90 milioni che provengono dal Programma di Ricerca e Competitività. Sono risorse che devono provvedere agli interventi individuati dal Protocollo di Intesa del 26 luglio siglato tra governo, Regione, Provincia e Comune. Ma anche in questo caso si tratta di provvedimenti già previsti in passato, come nel Protocollo di intesa del 2009, e finora mai avviati. Ad esempio per il quartiere Tamburi sono previsti solo 8 milioni di euro ma “in un analogo protocollo d’Intesa del 2005” ricorda ancora Bonelli, “erano stati destinati 50 milioni di euro per la bonifica del quartiere Tamburi e 25 milioni per quella del Mar Piccolo: soldi spariti nel nulla e che a Taranto non sono stati mai utilizzati”. Non è ancora previsto l’intervento necessario a mettere in sicurezza l’impianto siderurgico per ottemperare alle disposizioni del Tribunale del Riesame. Che nella sua ordinanza impone di utilizzare gli impianti “per realizzare tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo”.
Per questo tipo di interventi, il presidente neo-insediato dell’Ilva, il prefetto Bruno Ferrante, ha previsto un investimento aziendale di 90 milioni. Ferrante non ha specificato il dettaglio degli interventi ma si può notare che la cifra non è poi così lontana dai 70 milioni che il governo ha messo a disposizione a tasso agevolato. Non solo, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, si è detto disponibile “a cofinanziare in parte le iniziative dell’Ilva” se l’azienda troverà “nuove tecnologie da applicare per diminuire l’impatto ambientale”.
Si tratterà di vedere cosa accadrà nei prossimi giorni. Il presidente Ferrante ha visto i sindacati giovedì scorso e ha assicurato che l’azienda intende “andare avanti”. Anche se non si capisce come. Si tratterà di leggere le motivazioni della sentenza del Riesame perché da quelle pagine si capirà se la facoltà d’uso per il risanamento è limitata solo agli interventi di bonifica interna oppure se consente di procedere con una produzione ridotta al minimo. Che, però, per quanto assottigliata, non può eliminare sic et simpliciter tutti i fattori di inquinamento.
Resta il fatto che, al momento, i Riva non hanno ancora messo sul tavolo un euro per rimediare ai danni da loro prodotti. Eppure, il bilancio del 2011 si è chiuso con numeri eccezionali: oltre 10 miliardi di euro di fatturato e 327 milioni di utili per un gruppo con una patrimonializzazione di 4,2 miliardi. La situazione dello scorso anno è stata così positiva che anche la capogruppo, la Riva Fire Spa, la holding di famiglia che controlla le varie scatole aziendali, tra cui l’Ilva, ha potuto presentare un bilancio con utili triplicati rispetto al 2010: da 10,3 a 31,5 milioni.
da Il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2012
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 12/08/2012 : 08:59:42
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ancora una volta ci pensa la magistratura a rimettere in carreggiata gli azzeccacarbugli ed i funamboli della politica italiana! Brava la Todisco!!!!
http://qn.quotidiano.net/cronaca/20...pianti.shtml
Ilva Taranto, il gip dice stop alla produzione Ferrante: "Preoccupati, problemi per l'azienda" Ilva impugna il provvedimento E Confindustria: "Garantire la continuità"
Il gip di Taranto: "Gli impianti vanno risanati non usati per produrre". Ed esclude il presidente Bruno Ferrante dalla gestione delle attività delle aree a caldo poste sotto sequestro Taranto, 11 agosto 2012 - L’Ilva dovrà risanare gli impianti dell’area a caldo sequestrati per disastro ambientale ma "senza prevedere alcuna facoltà d’uso" degli stessi "a fini produttivi". Lo ha disposto il gip di Taranto, Patrizia Todisco, in un provvedimento notificato ieri all’Ilva nel quale si specifica anche il ruolo dei custodi giudiziari.
Il gip, ‘interpretando’ la sentenza del Riesame, infatti scrive che nella sua decisione dello scorso 7 agosto il Tribunale del Riesame non prevede "alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi" e per questo, prima di riprendere la produzione negli impianti sequestrati, l’Ilva deve adottare in breve tempo "tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato".
Nel dispositivo il giudice ricorda che il Riesame "ha confermato il sequestro preventivo" su alcune aree e impianti dell’Ilva, "misura che è e non può che essere funzionale alla tutela delle esigenze preventivo-cautelari indicate dalla legge, conferma che implica necessariamente da parte del medesimo Tribunale della sussistenza dei presupposti legittimanti il sequestro preventivo e, in particolare, della grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria in cui versa il territorio di Taranto, imputabile alle emissioni inquinanti dello stabilimento Ilva e, segnatamente, di quegli impianti ed aree del siderurgico sottoposti a vincolo cautelare (peraltro, lo stesso Tribunale del riesame, senza prevedere alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi, ha ribadito prioritariamente la necessità di garantire la ‘sicurezza degli impianti’ e di adottare ‘tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo...’)".
Nella sua ordinanza il gip di Taranto ha anche specificato che il responsabile "dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche che si renderanno necessarie in attuazione del provvedimento di sequestro preventivo degli impianti ‘a caldo’ e degli impianti tecnicamente connessi agli stessi" non è il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ma Barbara Valenzano nominata dallo stesso gip custode e amministratore degli impianti Ilva sequestrati.
Il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, dal canto suo, ha dato mandato di "impugnare immediatamente" dinanzi al Riesame il provvedimento del gip di Taranto. Ferrante ha "convocato il consiglio di amministrazione della societa’ per le determinazioni conseguenti".
In serata interviene il ministro dell'Ambiente Corrado Clini. "La decisione di interrompere le attività di produzione - dice - dovrebbe essere guidata dalla tipologia degli interventi da realizzare che in alcuni casi richiedono la fermata di parti degli impianti e in altri casi suggeriscono invece il contrario". Clini auspica che prosegua "il percorso di risanamento degli impianti" dell’Ilva di Taranto.
Prende posizione pure Confindustria: "E’ essenziale che la continuità della produzione venga garantita, soprattutto alla luce degli impegni assunti dall’azienda, dal Governo e dalla Regione e delle attività già avviate per la messa in sicurezza degli impianti e la bonifica dell’intera area". L'associazione degli industriali esprime "grave preoccupazione" per gli effetti del provvedimento del gip di Taranto di ieri.
FERRANTE: PROVVEDIMENTO GIP CREA PROBLEMI - “Il provvedimento del Gip di Taranto ci ha sorpreso e ci preoccupa, per questo abbiamo voluto convocare un consiglio d’amministrazione straordinario, per reagire al provvedimento. Significa investire tutti gli organi competenti a livello giudiziario e quindi esperire tutte le possibilità per chiedere l’annullamento di un provvedimento che a noi non sembra corretto”. Così, al termine del consiglio d’amministrazione urgente e straordinario che si è tenuto nel primo pomeriggio a Milano, il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante intervistato da TgNorba24. “Noi non vogliamo chiudere l’Ilva - ha detto Ferrante - anche la famiglia Riva si è impegnata moltissimo sullo stabilimento, crede nello stabilimento di Taranto, che è strategico per tutto il gruppo, quindi non ha nessuna intenzione di abbandonare, di lasciare. Certo la preoccupazione è molto alta, perché i provvedimenti della magistratura creano non pochi problemi all’azienda”.
http://www.lagazzettadelmezzogiorno...tizia=542452
Vendola: il momento è drammatico si faccia chiarezza BARI – «Credo che la drammaticità del momento imponga a tutti gli attori di questa vicenda di dare un contributo di chiarezza e di responsabilità». Lo dichiara in una nota il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, riferendosi al provvedimento del gip del tribunale di Taranto, fatto notificare ieri all’Ilva, con il quale si sollecitano custodi e amministratori degli impianti sequestrati a risanarli, ricordando che il loro utilizzo non può essere a fini produttivi.
«Credo che non corrisponda al comune sentimento di preoccupazione – prosegue Vendola – non poter comprendere in modo univoco quale sia, secondo la magistratura, il destino dell’Ilva. Se siamo dinanzi ad un provvedimento irreversibile di spegnimento della fabbrica oppure se siamo invece dinanzi ad un percorso di prescrizioni da rispettare». Per Vendola «è paradossale che un’intera città, e tutte le istituzioni dello Stato, non possano sapere se la soluzione che sia di svolta ambientale ma insieme di salvezza dell’azienda (soluzione per la quale sono impegnate le istituzioni di ogni livello) risulti interdetta per via giudiziaria».
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 13/08/2012 : 17:26:18
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http://www.agoramagazine.it/agora/s...article30652
Taranto crisi Ilva Ilva Taranto / Mazza (Idv) "Approvo le decisioni del Gip Todisco"
lunedì 13 agosto 2012 di Redazione Politica
Dichiarazione del consigliere regionale Patrizio Mazza (Idv). “Approvo appieno l’operato del magistrato Patrizia Todisco per Taranto e per la salute della comunità ionica come per tutti gli operai ILVA e ritengo gravissime le ingerenze della politica nel potere giudiziario.
La salute è un bene non negoziabile e la politica deve assumersi le proprie responsabilità scervellandosi per garantire alternative economiche e lavorative alle industrie inquinanti, questo facciano i ministri ed insieme i politici. La politica ha il dovere di lavorare a beneficio dei cittadini e non dei poteri forti, degli operai e non di industrie che agiscono per la tutela dei propri profitti, affinché il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa ulteriormente compromette la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.
Questo si faccia per Taranto e per tutti gli operai dell’ILVA e dell’indotto. Si lavori per alternative occupazionali ed economiche alle industrie inquinanti, tutelando così i posti di lavoro e vengano rispettati i diritti inviolabili dell’uomo.”
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 14/08/2012 : 00:02:15
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continua il pressing contro la magistratura anche da parte di quelle forze politiche che teoricamente dovrebbero difendere i diritti sacrosanti dei lavoratori e dei cittadini.... la gente di Taranto deve continuare ad immolarsi per il profitto dei saltimbanchi e morire in pace, possbilmente in silenzio; la nostra economia deve continuare ad essere improntata allo sfruttamento più becero e distruttivo delle persone e del territorio. Eppure è così semplice: ’l'Ilva deve lavorare per mettersi a norma e non per produrre
http://www.ilfattoquotidiano.it/201...tato/324882/
Ilva di Taranto, il governo trasforma il caso in uno scontro tra poteri dello Stato L'esecutivo si gioca la credibilità sulla politica industriale. E la vicenda dell'acciaieria diventa politico. Prima l’invio dei ministri, poi la richiesta di acquisizione delle carte da parte della Severino, in ultimo il ricorso possibile alla Consulta ipotizzato da Catricalà. I tecnici che a parole stanno dalla parte dei magistrati, mettono in atto un vero e proprio accerchiamento su chi indaga di Sara Nicoli | 13 agosto 2012
All’Ilva di Taranto è il giorno dello scontro totale fra magistrati e azienda. Dopo la decisione del gip, Patrizia Todisco, di revocare la nomina del presidente Ilva, Bruno Ferrante, a curatore dello stabilimento per supposto “conflitto d’interesse” (visto che aveva rilasciato dichiarazioni alla stampa sulla sua ferma volontà di fare ricorso contro la decisione dei giudici di imporre il risanamento all’azienda), ieri il governo ha risposto con un colpo di coda annunciando l’invio dei ministri dello Sviluppo Corrado Passera e dell’Ambiente Corrado Clini per un sopralluogo. Intanto, la Guardasigilli, Paola Severino, ha annunciato la decisione di chiedere l’invio degli atti dell’inchiesta e l’acquisizione dei provvedimenti. Il tutto, mentre l’altro giorno sia Bersani che Alfano avevano telefonato preoccupati a Monti chiedendo un intervento contro una decisione della magistratura che condannava, senza margini, l’acciaieria alla chiusura senza appello. E, in ultimo, oggi l’annuncio del sottosegretario alla Presidenza, Antonio Catricalà, che ha dichiarato come possibile un ricorso del governo alla Consulta perché la magistratura avrebbe “leso” la libertà d’impresa dello Stato, impedendo di fatto l’esercizio della politica industriale.
Insomma, in un crescendo rossiniano, la questione dell’Ilva sta precipitando verso uno scontro che non è più solo quello tra operai, imprenditore e magistratura, ma tra poteri dello Stato. “Sono stato messo alla porta – ha dichiarato Ferrante – ma non c’è una sentenza. Non si uccide così un’azienda mandando a casa migliaia di lavoratori”. E, di seguito, il ministro Passera: “La contrapposizione non serve. Ma è giusto fare chiarezza sulla base degli atti per valutare tecnicamente come superare questa situazione di impasse. Da queste vicende si esce solo con senso di responsabilità e forte collaborazione”. Che, allo stato, pare proprio non esserci.
La magistrata che ha preso la decisione sulla chiusura, Patrizia Todisco, è una donna tutta d’un pezzo che difficilmente si farà piegare dalle evidenti intimidazioni che sta ricevendo, in queste ore, sia dal governo che dalle forze politiche della maggioranza. C’è l’esigenza di non chiudere lo stabilimento perché sarebbe un disastro sul fronte occupazionale e condannerebbe Taranto al fallimento industriale e sociale, ma se si è arrivati a questo punto è stato solo perché la persona che era stata deputata ad accompagnare il percorso di risanamento, ha invece annunciato ufficialmente di voler ricorrere contro la decisione dei magistrati. Un atto che prima che imprudente è stato la causa dell’ovvia reazione di un giudice che si è sentita presa in giro e che, di conseguenza, ha reagito con durezza.
Adesso siamo davanti all’ennesimo conflitto tra poteri dello Stato. Con un governo che dice di stare sempre dalla parte della magistratura, ma che in quest’occasione (che non è l’unica), sta mettendo in atto una vera e propria azione intimidatoria di accerchiamento: prima l’invio dei ministri, poi la richiesta di acquisizione delle carte da parte della Severino, in ultimo il ricorso possibile alla Consulta. Un po’ come faceva Berlusconi quando si rivolgeva sempre all’Alta Corte, seppur per questioni ridicole che lo riguardavano direttamente (bunga bunga e supposte figlie di Mubarak) ma fatta la debita tara, il percorso non si scosta di molto da quello di allora dell’ex premier.
Insomma, la polveriera Taranto rischia di diventare il terreno su cui il governo tecnico – e in particolare il ministro Passera – sarà chiamato a breve a dare prova di saper prendere decisioni politiche forti sul futuro della politica industriale non solo dell’Ilva, ma dell’intero Paese. A Taranto si gioca una partita che è solo uno spicchio di quella, più pesante e più dura, che si giocherà in autunno un po’ in tutta l’industria italiana. Come ha riconosciuto, solo qualche settimana fa, lo stesso ministro del Lavoro Fornero, l’autunno “sarà duro”. I tavoli di crisi sono tanti, altri probabilmente si apriranno. Ed è più che prevedibile che la parola d’ordine sarà una sola: ammortizzatori sociali. Ma il cambiamento è ormai improcrastinabile, per attrarre investimenti e, soprattutto, per salvare quel che resta dell’industria italiana. A partire proprio dall’Ilva, con ragionevolezza e senso di responsabilità. Anche nei confronti di una magistratura che fa il suo mestiere, mentre altri sembrano incapaci di farlo. ------------------------------ http://www.agi.it/in-primo-piano/no..._intervenire
Ilva Taranto: governo ricorre alla Consulta. Anm: "E' obbligo del giudice intervenire"
21:21 13 AGO 2012
(AGI) - Roma, 13 ago. - Il governo ricorrera' alla Consulta affinche' verifichi "se non sia stato menomato un nostro potere: il potere di fare politica industriale". Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricala', annuncia la netta presa di posizione dell'esecutivo, dopo la decisione del Gip di confermare il blocco dell'attivita' industriale dell'Ilva di Taranto. Decisione che ha sollevato le forti critiche di Pd e Pdl e che ha indotto Fim e Uilm a proclamare lo sciopero.
Ma per la Cgil, "in questo momento uno scontro tra poteri non serve a nessuno" come sottolinea la segretaria confederale Elena Lattuada. Interviene anche l'Associazione nazionale magistrati: "La magistratura non intende invadere l'ambito di competenza di altre autorita' ma, in presenza di violazioni della legge penale, non puo' fare a meno di intervenire, con gli strumenti giudiziari ordinari, ove gli organi amministrativi di controllo non siano riusciti ad assicurare negli anni la tutela ambientale, con gravissimo rischio per la salute dei cittadini; situazione, questa, da lungo tempo esistente nell'area tarantina". Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, parla dell'ipotesi di "ricorrere alla Corte di Giustizia europea contro le ingerenze del governo".
Oggi il ministro dell'ambiente Clini ribatte che "e' in corso la terapia per salvare Taranto malata d'ambiente. L'eutanasia non puo' essere una cura". Il Guardasigilli Paola Severino ha dato disposizione affinche' gli uffici del ministero della Giustizia "acquisiscano i due provvedimenti con i quali il gip di Taranto ha ribadito il sequestro degli impianti dell'Ilva e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante dall'incarico di curatore dello stabilimento". Antonio Di Pietro (Idv) si schiera contro il governo e i partiti di maggioranza, Pd e Pdl misurano le parole e mentre i democratici - pur avendo criticato la sentenza del Gip - non commentano ufficialmente il ricorso alla Consulta, il Pdl non manca di sottolineare, con Enrico Costa, "un cambio di rotta: fino a poco tempo fa le decisioni della magistratura andavano rispettate e non commentate, ora che vengono toccati alcuni soggetti e interessi le posizioni verso la magistratura cambiano". Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del Pd, tuttavia osserva: "E' inutile infilarsi nell'ennesimo conflitto con la magistratura". Il problema pero' c'e', ammette Boccia: "e' possibile condannare a morte un'azienda sulla base di un'ipotesi di reato? Secondo me no". Tanto piu' che "c'e' un decreto che deve essere convertito in legge in Parlamento".
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Inserito il - 14/08/2012 : 11:56:41
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Evviva!! C'è movimento e RESISTENZA!!
http://www.lagazzettadelmezzogiorno...tizia=542915
Cittadini in piazza plaudono il gip TARANTO - Un migliaio di persone partecipano per la prima volta a Taranto a una manifestazione voluta dal 'comitato cittadini e lavoratori liberi pensantì che ha come portavoce Cataldo Ranieri, operaio 42enne dell’Ilva e guida carismatica dell’associazione che è riuscita a portare in piazza altri comitati spontanei. Il 'comiziò di Ranieri, che ha ricevuto applausi scroscianti, si è aperto nella centrale piazza della Vittoria con un applauso di ringraziamento rivolto al gip Patrizia Todisco che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva. «Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perchè noi siamo dei condannati a morte», ha detto Ranieri che viene acclamato dalla folla.
«Mentre fino a qualche mese fa - ha detto Ranieri- si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull'inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere».
«La gente – sottolinea Ranieri – sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città». Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono – dice Ranieri – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi tre ministri li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perchè ammalati di tumore». Da qui l'invito di Ranieri ai suoi colleghi
-------------------------------------------------------- http://comitatopertaranto.blogspot.it/
Sindacati spaccati: Cisl e Uil scioperano, la Fiom no Altro segnale di spaccatura all'interno dei sindacati. Per domani, le segreterie provinciali di Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno proclamato due ore di sciopero degli operai dell'Ilva per protestare contro il rischio di chiusura della fabbrica determinato appunto dall'evoluzione della vicenda giudiziaria sull'inquinamento prodotto dagli impianti. Domani scenderanno in strada (lungo la statale Appia, dalle 10 alle 12), i lavoratori dei reparti Ril (riparazione locomezzi), Grf (gruppo recupero ferroso), Pzl (piazzali) ed Ene (energia). Si dissocia però la Fiom Cgil "ritenendo lo sciopero inutile e irresponsabile, in quanto si utilizza tale strumento come attacco alle decisioni della magistratura". La Fiom sottolinea che "i lavoratori non possono essere utilizzati per attaccare la magistratura, ma è l'Ilva che deve dare le risposte concrete ai problemi causati dall'inquinamento". Per questo - informa - l'organizzazione dei metalmeccanici della Cgil ha chiesto all'azienda per domani due ore di assemblea retribuita per informare i lavoratori sullo stato della situazione".
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https://www.facebook.com/notes/nico...382333371941
PRESENTATO L'ESPOSTO ALLA PROCURA DI TARANTO NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE CLINI pubblicata da Nicola Russo il giorno Martedì 14 agosto 2012 alle ore 12.35 ·
Al Sig. Procuratore della Repubblica di Taranto
ESPOSTO
Il sottoscritto Avv. Nicola Russo….., coordinatore del Comitato cittadino per la tutela della salute e del lavoro “Taranto Futura”, espone quanto segue:
Sembra che Il Governo italiano, in persona del Ministro dell’Ambiente Dott. Clini, di concerto con il Presidente della Regione Puglia Sig. Vendola e di altri esponenti locali della Provincia e del Comune di Taranto, abbia sottoscritto il 26 luglio 2012 un Accordo di programma ( a cui sono seguiti Atti d’Intesa) per finanziare la bonifica dell’Ambiente in seguito all’inquinamento del territorio della città di Taranto da parte dell’Ilva spa (così come accertato ultimamente dai periti del Tribunale di Taranto nel procedimento ultimo per disastro ambientale e nei precedenti procedimenti penali, che si sono conclusi con la condanna dei responsabili Ilva ed in altri casi per prescrizione(con la salvaguardia degli interessi civili), stabilendo un finanziamento di 300.000.000 di euro a carico dello Stato e con il contributo economico della Regione Puglia, senza stabilire( così sembra) un intervento economico da parte dell’Ilva ovvero del soggetto inquinatore, in piena violazione dell’art. 174 del Trattato CE e del Decreto legislativo n. 152/2006(Codice dell’Ambiente).
Detto univoco finanziamento( posto solo a carico dei cittadini ) contrasta evidentemente con quanto statuito dal decreto legislativo n. 152/2006, che prevede precisi provvedimenti del Ministro dell’Ambiente in materia di bonifica ambientale, così come appresso riportato:
“Titolo III - Risarcimento del danno ambientale
311. Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
2. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato all’effettivo ripristino a sue spese della precedente situazione e, in mancanza, all’adozione di misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, secondo le modalità prescritte dall’Allegato II alla medesima direttiva, da effettuare entro il termine congruo di cui all’articolo 314, comma 2, del presente decreto. Quando l’effettivo ripristino o l’adozione di misure di riparazione complementare o compensativa risultino in tutto o in parte omessi, impossibili o eccessivamente onerosi ai sensi dell’articolo 2058 del codice civile o comunque attuati in modo incompleto o difforme rispetto a quelli prescritti, il danneggiante è obbligato in via sostitutiva al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato, determinato conformemente al comma 3 del presente articolo, per finanziare gli interventi di cui all’articolo 317, comma 5. (comma così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lettera a), legge n. 166 del 2009)
3. Alla quantificazione del danno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 della parte sesta del presente decreto. All'accertamento delle responsabilità risarcitorie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con le procedure di cui al titolo III della parte sesta del presente decreto. on decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell’Allegato II alla direttiva 2004/35/CE, i criteri di determinazione del risarcimento per equivalente e dell’eccessiva onerosità, avendo riguardo anche al valore monetario stimato delle risorse naturali e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in casi simili o materie analoghe per la liquidazione del risarcimento per equivalente del danno ambientale in sentenze passate in giudicato pronunciate in ambito nazionale e comunitario. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo arricchimento. Il presente comma si applica anche nei giudizi di cui ai commi 1 e 2. (comma così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lettera b), legge n. 166 del 2009)
312. Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale
1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziara competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.
5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali all'autorità giudiziaria competente.
6. E' in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.
7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di averne copia.
8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.
313. Ordinanza
1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico del danno accertato o residuato, a titolo di risarcimento per equivalente pecuniario.
3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.
4. L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di accertamento.
5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.
6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.
7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.
314. Contenuto dell'ordinanza
1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.
2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari.
3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. Se sia stata erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno ha luogo calcolando 400 euro per ciascun giorno di pena detentiva.
4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.
5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.
6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.
315. Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.
316. Ricorso avverso l'ordinanza
1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale. (comma così modificato dall'art. 4, Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010)
2. Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.
3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.
317. Riscossione dei crediti e fondo di rotazione
1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
2. Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro 5.000.
3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.
4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.
5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del presente decreto, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, affluiscono al fondo di cui all’articolo 7-quinquies , comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per essere destinate alle seguenti finalità: (comma così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lettera d), legge n. 166 del 2009)
a) interventi urgenti di perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza dei siti inquinati, con priorità per le aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale; b) interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale; c) interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati; d) attività dei centri di ricerca nel campo delle riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici globali. “.
Ebbene, sembra che il Ministro dell’Ambiente Clini, favorendo il citato Accordo di Programma sul finanziamento(a carico dei cittadini) per la bonifica ambientale, non solo non abbia attuato quanto statuito dall’art. 313 del Decreto legislativo n. 152/2006 ovvero non abbia emesso la prescritta Ordinanza per obbligare il soggetto inquinatore al ripristino dello stato dei luoghi e,quindi, alla relativa bonifica nel rispetto del principio “chi inquina paga”, ma sembra anche che abbia preso addirittura posizione in favore dell’Ilva, contravvenendo ai principi di imparzialità che un Ministro della Repubblica è tenuto a rispettare sulla base del Giuramento prestato dinanzi al Presidente della Repubblica di cui all'art. 1, comma 3, della legge n. 400/88, che così recita: "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione".
Sembra, inoltre, che non ci sia stato alcun provvedimento da parte del Ministro Clini, in quanto Organo di controllo insieme ad altre autorità locali e regionali, diretto a tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori, nel rispetto del principio comunitario di precauzione e prevenzione, così come previsto anche dal Decreto legislativo n. 152/2006, e,quindi, dall’art. 312 di quest’ultimo decreto legislativo e art. 2947 c.c., così come previsto dal citato art. 312 D. Leg.vo n. 152/2006.
P.Q.M.
Si chiede che il sig. Procuratore della Repubblica voglia accertare eventuali responsabilità penali nei confronti del Ministro dell’Ambiente Dott. Clini e di altri soggetti da individuare.
Il presente esposto consta di n. 7 (sette) fogli.
Taranto, 14 agosto 2012
Avv. Nicola Russo
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 14/08/2012 : 19:15:33
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MASSIMA CONDIVISIONE PER PIACERE e.... se poi riusciamo aanche a partecipare sarebbe il massimo.
OCCUPIAMO TARANTO!!!!
(ANSA) - TARANTO, 14 AGO - Una ''grande manifestazione pacifica'' con donne e bambini si terra' a Taranto il 17 agosto per la missione pugliese di ministri del governo Monti sulla vicenda Ilva. Il corteo, voluto da comitati e associazioni cittadine, difende l'operato del gip Patrizia Todisco che ha sequestrato i reparti a caldo Ilva. ''Vogliamo protestare per la citta' - spiega il portavoce del 'comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti', Cataldo Ranieri - e dire che il processo deve restare a Taranto''.
http://www.ansa.it/web/notizie/regi...7343035.html
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 15/08/2012 : 11:04:05
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SCENDIAMO IN PIAZZA PER SOSTENERE LA MAGISTRATURA, GLI OPERAI E PER DIRE STOP ALL'INQUINAMENTO! TARANTO HA VOGLIA DI ARIA PULITA! LA MANIFESTAZIONE CI SARÀ IL 17 AGOSTO E PARTIRÀ ALLE ORE 09.00 DA PIAZZA CASTELLO. TUTTI LA CITTADINANZA DEVE ESSERE PRESENTE!
https://www.facebook.com/photo.php?...pe=1&theater
Maria Rita D'Orsogna, ricercatrice italiana emigrata in California, (nella foto) ha scritto a Passera la lettera che tutti avremmo voluto scrivergli. Diciamole grazie e prendiamoci cinque minuti per leggerla, mezz'ora per meditarla e due mesi di lotta infuocata al rientro per cacciare questa gentaglia a calci in culo e ripristinare la legalità europea violata!!!
Caro signor Passera, stavo per andare a dormire quando ho letto dei suoi folli deliri per l'Italia petrolizzata. Ci sarebbe veramente da ridere al suo modo malato di pensare, ai suoi progetti stile anni '60 per aggiustare l'Italia, alla sua visione piccola piccola per il futuro. Invece qui sono pianti amari, perche' non si tratta di un gioco o di un esperimento o di una scommessa. Qui si tratta della vita delle persone, e del futuro di una nazione, o dovrei dire del suo regresso. Lei non e' stato eletto da nessuno e non puo' pensare di "risanare" l'Italia trivellando il bel paese in lungo ed in largo. Lei parla di questo paese come se qui non ci vivesse nessuno: metanodotti dall'Algeria, corridoio Sud dell'Adriatico, 4 rigassificatori, raddoppio delle estrazioni di idrocarburi. E la gente dove deve andare a vivere di grazia? Ci dica. Dove e cosa vuole bucare? Ci dica. I campi di riso di Carpignano Sesia? I sassi di Matera? I vigneti del Montepulciano d'Abruzzo? Le riserve marine di Pantelleria? I frutteti di Arborea? La laguna di Venezia? Il parco del delta del Po? Gli ospedali? I parchi? La Majella? Le zone terremotate dell'Emilia? Il lago di Bomba? La riviera del Salento? Otranto? Le Tremiti? Ci dica. Oppure dobbiamo aspettare un terremoto come in Emilia, o l'esplosione di tumori come all'Ilva per non farle fare certe cose, tentando la sorte e dopo che decine e decine di persone sono morte? Vorrei tanto sapere dove vive lei. Vorrei tanto che fosse lei ad avere mercurio in corpo, vorrei tanto che fosse lei a respirare idrogeno solforato dalla mattina alla sera, vorrei tanto che fosse lei ad avere perso la casa nel terremoto, vorrei tanto che fosse sua moglie ad avere partorito bambini deformi, vorrei tanto che fosse lei a dover emigrare perche' la sua regione - quella che ci dara' questo 20% della produzione nazionale - e' la piu' povera d'Italia. Ma io lo so che dove vive lei tutto questo non c'e'. Dove vive lei ci sono giardini fioriti, piscine, ville eleganti soldi e chissa', amici banchieri, petrolieri e lobbisti di ogni genere. Lo so che e' facile far cassa sull'ambiente. I delfini e i fenicotteri non votano. Il cancro verra' domani, non oggi. I petrolieri sbavano per bucare, hanno soldi e l'Italia e' corrotta. E' facile, lo so. Ma qui non parliamo di soldi, tasse e dei tartassamenti iniqui di questo governo, parliamo della vita della gente. Non e' etico, non e' morale pensare di sistemare le cose avvelenando acqua, aria e pace mentale della gente, dopo averli lasciati in mutande perche' non si aveva il coraggio di attaccare il vero marciume dell'Italia. E no, non e' possibile trivellare in rispetto dell'ambiente. Non e' successo mai. Da nessuna parte del mondo. Mai.
Ma non vede cosa succede a Taranto? Che dopo 50 anni di industrializzazione selvaggia - all'italiana, senza protezione ambientale, senza controlli, senza multe, senza amore, senza l'idea di lasciare qualcosa di buono alla comunita' - la gente muore, i tumori sono alle stelle, la gente tira fuori piombo nelle urine? E adesso noialtri dobbiamo pure pagare il ripristino ambientale? E lei pensa che questo e' il futuro?
Dalla mia adorata California vorrei ridere, invece mi si aggrovigliano le budella. Qui il limite trivelle e' di 160 km da riva, come ripetuto ad infinitum caro "giornalista" Luca Iezzi. Ed e' dal 1969 che non ce le mettiamo piu' le trivelle in mare perche' non e' questo il futuro. Qui il futuro si chiama high tech, biotech, nanotech, si chiamano Google, Facebook, Intel, Tesla, e una miriade di startup che tappezzano tutta la California. Il futuro si chiama uno stato di 37 milioni di persone che produce il 20% della sua energia da fonti rinnovabili adesso, ogni giorno, e che gli incentivi non li taglia a beneficio delle lobby dei petrolieri. Il futuro si chiamano programmi universitari per formare chi lavorera' nell'industria verde, si chiamano 220,000 posti di lavoro verde, si chiama programmi per rendere facile l'uso degli incentivi. Ma non hanno figli questi? E Clini, che razza di ministro dell'ambiente e'? E gli italiani cosa faranno? Non lo so. So solo che occorre protestare, senza fine, ed esigere, esigere, ma esigere veramente e non su facebook che chiunque seguira' questo scandaloso personaggio e tutta la cricca che pensa che l'Italia sia una landa desolata si renda conto che queste sono le nostre vite e che le nostre vite sono sacre.
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Inserito il - 15/08/2012 : 11:59:24
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Ci dicono di abbassare i toni Ci dicono che bisogna essere moderati Ci dicono che bisogna essere equilibrati e bilanciare il diritto al lavoro con quello alla salute Ci dicono che l'inquinamento dipende dal passato e che adesso la fabbrica è a posto BUGIARDI!!! A dircelo sono gli stessi che ci hanno venduti.
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sulla Gazzetta di oggi http://www.lagazzettadelmezzogiorno...tizia=543188
«Quella rete di relazioni con i dirigenti regionali» di Mimmo Mazza
TARANTO - Una azione insistente e sistematica. Finalizzata a ridurre il danno derivante da sanzioni e controlli. Dalle carte dell’inchiesta «Environment Sold Out» che sta per «Ambiente venduto», emergono circostanze, colloqui e manovre che fanno capire come l’Ilva, tramite il suo consulente Girolamo Archinà, licenziato in tronco sabato scorso dal neo-presidente Bruno Ferrante e con l’avallo del patron Emilio Riva (costretto agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso), avesse steso una rete capace di controllare, anzi condizionare, gli enti pubblici.
Il cuore dell’indagine condotta dai militari del Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza è, come rivelato dalla Gazzetta, ancora nelle mani del sostituto procuratore Remo Epifani, chiamato a rassegnare le sue conclusioni nelle prossime settimane. Una parte di quell’indagine è però confluita nei fascicoli che hanno portato alla fine di luglio al sequestro dell’area a caldo dell’Ilva e all’arresto di 8 tra proprietari e dirigenti (per cinque di essi, la misura cautelare è stata annullata dal tribunale del riesame).
Sono una ottantina le pagine depositate agli atti del tribunale del riesame dalla Procura per dimostrare come l’Ilva si muovesse per evitare i controlli anti-inquinamento e nuove misure per ridurre le emissioni.
Eloquente è l’episodio avvenuto il 13 luglio del 2010, quando il professor Giorgio Assennato, direttore generale di Arpa Puglia, contatta Girolamo Archinà per comunicargli di essere in possesso dei nuovi dati relativi al monitoraggio delle emissioni di benzo(a)pirene nel periodo gennaio/maggio 2010 dai quali emerge che i valori sono raddoppiati, arrivando ad una media di 3,11 nanogrammi al metro/cubo, rispetto ai precedenti 1,3 e soprattutto rispetto al limite imposto dalla legge, 1 nanogrammo al metro cubo. Agli atti dell’inchiesta c’è una mail, intercettata dagli inquirenti, con la quale Assennato in via confidenziale invia ad Archinà, il rapporto. Due giorni dopo, Archinà, con l’allora vicepresidente del gruppo Fabio Riva e il direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso (arrestato il 26 luglio scorso) vanno a Bari per incontrare il governatore Nichi Vendola, incontro sollecitato dallo stesso Vendola ad Archinà il 6 luglio prima con una telefonata con la quale lo informava di non essersi dimenticato della questione Ilva. A parlare al telefono degli esiti di quell’incontro sono Fabio Riva con il figlio Emilio (nipote dell’omonimo ingegnere). Fabio sostiene che è andato tutto bene, il figlio gli suggerisce di «fare un comunicato stampa fuorviante, tanto per vendere fumo, dicendo che va tutto bene e che l’Ilva collabora con la Regione». Al termine della riunione, peraltro, anche l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, assieme al dirigente ing. Antonello Antonicelli, tiene una conferenza stampa, oggetto di una chiacchierata tra Archinà e Capogrosso. «Archinà dice che l’assessore Nicastro - si legge nell’informativa - è stato molto equilibrato e che comunque il tavolo tecnico per loro non si terrà il 19 luglio ma che verranno convocati successivamente e gli andrà bene perché l’assessore Nicastro sarà in ferie e quindi probabilmente all’incontro dovrebbe presenziare l’ing. Antonicelli con il quale lo stesso Archinà come si evince da altre intercettazioni, gode di un rapporto assolutamente diretto e preferenziale». Gli inquirenti d’altronde non hanno dubbi nel definire costante e sistematico l’intervento di Archinà - indagato a piede libero per corruzione in atti giudiziari - verso alcuni soggetti delle istituzioni che a loro volta lo assecondano quasi sempre, ridimensionando gli impatti che le azioni amministrative possano avere verso il siderurgico tarantino.
All’indomani dell’incontro con Vendola, ai vertici dell’Ilva viene notificata una nuova richiesta di incidente probatorio formulata dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta che ha portato al sequestro degli impianti e agli arresti. Copia dell’atto giudiziario viene inviata da Archinà all’avv. Francesco Manna, all’epoca dei fatti capo di gabinetto del governatore Nichi Vendola, con una mail, intercettata dai finanzieri, nella quale Archinà si lagna dell’accaduto («a che serve essere leali e collaborativi?») e riceve assicurazione che il tutto viene consegnato al presidente.
Archinà, grazie alle sue conoscenze, riesce perfino a pilotare i sopralluoghi e le verifiche all’Ilva. Lo si evince da una conversazione intercettata il 27 luglio del 2010 tra lui e l’ing. Pierfrancesco Palmisano, funzionario del settore ambiente della Regione Puglia. Archinà chiede a Palmisano chiarimenti in ordine ad un fax riguardante un sopralluogo da effettuare nello stabilimento siderurgico. Palmisano lo rassicura, dicendogli, quale segno di compiacenza secondo gli inquirenti, che il sopralluogo potrebbe «magari» essere fatto all’esterno, anche perché Archinà aveva già avuto rassicurazioni che sarebbe stato compiuto da una persona a lui gradita. Il direttore della fabbrica Luigi Capogrosso chiede lumi in tal senso ad Archinà e il consulente Ilva risponde di aver già preso accordo con il dirigente della Regione Puglia Antonello Antonicelli il quale gli ha assicurato che «i funzionari che interverranno per il sopralluogo - si legge nell’atto giudiziario - saranno portati negli uffici del secondo piano, dove verranno metaforicamente “legati alla sedia”, intendo ovviamente che non gli sarà consentita alcuna attività ispettiva all’interno dello stabilimento».
Circostanze inquietanti che, con tutta evidenza, devono essere ancora approfondite dalla magistratura.
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http://www.video.mediaset.it/video/...ellilva.html immagini girate dagli operai dell'ILVA e dichiarazioni che si commentano da sole...
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Inserito il - 19/08/2012 : 00:34:00
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http://www.agoramagazine.it/agora/s...article30757
Taranto / ILVA dopo lo show inconcludente di due ministri, ecco cosa serve sul serio
domenica 19 agosto 2012 di Erasmo Venosi
L’invio a Taranto dei Ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente, rappresenta la dimostrazione evidente del livello di degenerazione cui è arrivata questa classe dirigente, inadeguata, autoreferenziale e con lo sguardo rattrappito sul passato. Le rassicurazioni del Ministro dell’Ambiente, sul riesame dell’Aia a Ilva è il solito pistolotto, sparato da chi è esperto di burocratese e fonda le sue affermazioni unicamente sulla variabile tempo che, consente poi di non apparire responsabile di nulla: e questi ministri di mesi disponibili ne ha appena sei!
Sembra che tutta l’azione del Ministero dell’Ambiente si fonda sui nuovi Brefs, elaborati per i settori ricadenti nella normativa IPPC (Integrated Pollution Prevention and Controll ovvero prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento). Che cosa sono e come funzionano e soprattutto, come potranno essere lo strumento “risolutore” dei problemi di Ilva?
La Commissione Europea, pubblica ogni tre anni i documenti d’indirizzo del cosiddetto “Processo di Siviglia”, documenti denominati B.REF. ovvero BAT Reference Documents e che riguardano 32 settori nei quali sono individuate, per varie classi d’impianti, le «migliori tecniche disponibili» BAT (Best Available Tecniques) che, costituiscono le tecnologie da prendere a riferimento nel rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA).
I Brefs sono documenti di riferimento, non vincolanti, finalizzati a rendere diffusa ed efficace la conoscenza sulle migliori tecniche disponibili nell’Unione Europea. Il loro utilizzo negli Stati membri può essere, diretto o indiretto cioè come base per l’emanazione di documenti di riferimento per le Linee Guida nazionali. Sulla G.U. dell’Unione Europea dell’8 marzo 2012 sono state pubblicate le BAT per la siderurgia. Che cosa prevede la procedura per queste nuove Bat? Prevede che queste Bat siano “ convertite “ in Linee Guida Nazionali approvate con decreto del ministero dell’ambiente. Né la Prestigiacomo né il duo Clini –Passera mi risulta abbiano approvato il decreto! L’unico decreto emanato e relativo all’istituzione della Commissione Nazionale per le Linee Guida è del 19 novembre 2002.
Il tanto strombazzato adeguamento alle nuove Bat, da parte del settore siderurgico non assolve all’obbligo di quanto prescritto al comma 2 dell’art 4 dell’ex dlgs 59 del 2005 che così recita “Le linee guida di cui al comma 1 sono definite con il supporto di una commissione composta da esperti della materia alla quale partecipano, anche a titolo consultivo, i rappresentanti d’interessi industriali e ambientali, istituita con decreto dei Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive e della salute, senza oneri a carico del bilancio dello Stato. Limitatamente allo svolgimento dei compiti inerenti alle attività di cui al punto 6.6 dell’allegato I, la commissione è integrata da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole e forestali. La commissione assicura inoltre il supporto ai Ministri di cui al comma 1, in ordine ai provvedimenti attuativi del presente decreto e allo scambio di informazioni di cui all’articolo 14, commi 3 e 4. FINO all’ISTITUZIONE della PREDETTA COMMISSIONE COME SOPRA INTEGRTA opera, allo stesso fine, la commissione già istituita ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372”.
Incredibile che un Ministro vada in televisione e comunichi agli italiani che Ilva si dovrà adeguare alle nuove Bat senza che lui , possa dimostrare che le nuove Bat sono legge dello Stato a cui può far riferimento l’Aia nelle prescrizioni! Inoltre un altro punto , merita un chiarimento e che riguarda proprio l’uso delle Bat definite dall’art 2 “ migliori tecniche disponibili: la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi a evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso.
Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all’allegato IV. S’intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’APPLICAZIONE in CONDIZIONI ECONOMICAMENTE e tecnicamente VALIDE nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso”.
Le BAT quindi sono applicate solo se ritenute “ economicamente valide” salvo che, nell’Aia, la Commissione che fa l’istruttoria tecnica e quindi poi il Ministro dell’Ambiente, non fissi limiti più rigorosi di quelli fissati per legge tenendo conto della specificità dell’area e quindi “ costringendo” di fatto, la società ad applicare le Bat.
Dai Ministri Clini e Passera ci si doveva aspettare almeno dichiarazioni di questo tipo , considerato lo stato di criticità dell’area, dichiarata in emergenza ambientale con decreto del 1989 e i volumi d’inquinanti a elevata tossicità che, fuoriescono dall’impianto siderurgico.
Infine appare subdolo e inquietante l’uso del termine bonifica che, si riferisce alle matrici ambientali contaminate e che nulla hanno a che fare con le prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. E’ sufficiente riferirsi a quanto codificato nel codice ambientale che parla di bonifica quando in un sito, a causa del superamento della concentrazione della soglia di contaminazione fissata dalla legge, si effettua, una specifica analisi di rischio e si verifica il superamento della soglia di concentrazione di rischio. Nulla quindi a che fare con Bat e limiti di emissione, variabili in rapporto alla situazione ambientale locale e agli obiettivi di qualità. La vicenda tarantina è un orrendo segnale di continuità in un Paese che, ha “occultato” Seveso , provocato le stragi da mesotelioma prodotto dall’amianto, inquinato con la Montedison ed Enichem la laguna veneta e causato centinaia di decessi di operai con il cloruro di vinile monomero. Tutto questo si è verificato per l’assenza di una cultura che persegua la ragionevole follia della tutela dei beni comuni, ma non è mai troppo tardi per impedire la sopraffazione dell’interesse generale e di diritti naturali come quello della salute.
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Inserito il - 20/08/2012 : 13:07:23
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apprendo dall'ANSA
ANSA. 12:07 - Il tribunale del Riesame ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva senza concedere la facoltà d'uso. ..... Depositate questa mattina le motivazioni in base alle quali il 7 agosto è stato confermato il sequestro dell'area a caldo dello stabilimento. Il tribunale del Riesame, confermando il sequestro Ilva, dispone che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul percorso da seguire per interrompere i reati, i giudici - viene riferito da fonti giudiziarie - non si sbilanciano e affidano il compito ai custodi nominati dal gip e alla procura. Il provvedimento - notificato all'Ilva - è di circa 120 pagine
http://www3.lastampa.it/cronache/se...lstp/465943/
20/08/2012 - i militari avevano assistito personalmente agli sbuffi di fumi rossi dell'acciaieria Diossina e ossido di ferro dall'Ilva "Il ministero sapeva tutto dal 2011"
I fumi dell'Ilva Il rapporto dei carabinieri del Noe fu inviato alla Prestigiacomo: "Emissioni diffuse" guido ruotolo
L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente. Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA, l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla. Nessun intervento, interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva.
L’allora ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per addolcire l’AIA. Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno scorso. Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani» sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore su 24, nella acciaieria più grande d’Europa.
E registrò il cosiddetto fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2.
Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di «slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza: all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni. In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere giustificati per la eccessiva frequenza.
Naturalmente viene spontaneo chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno. E la risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli «slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da «errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche». L’attività di monitoraggio del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura, viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente.
Il rapporto del Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante l’incidente probatorio. E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del 2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva. Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori».
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Inserito il - 20/08/2012 : 18:43:46
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Bellissimo artiolo da leggere tutto "Buona parte della provincia di Taranto (con i comuni di Laterza, Castellaneta, Mottola e Massafra in primis, dove già incide l'inquinamento dell'inceneritore di Cdu realizzato di recente) ed almeno la parte sud di quella di Bari (con i comuni di Gioia del Colle, Noci e Santeramo tra i più colpiti) si trovano ad occupare la poco invidiabile posizione di «aree di ricaduta polveri sottili»
http://www.vglobale.it/index.php?op...=121&lang=it
Lunedì 13 Agosto 2012
Ilva - Quando il profitto prevarica salute ed ambiente
Roberto Cazzolla Gatti, Biologo ambientale ed evolutivo
Le recenti vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto il polo siderurgico di Taranto hanno riportato l'attenzione dell'opinione pubblica sull'impatto ambientale dell'industria pesante italiana.
L'Ilva non è nuova agli onori della cronaca ed è stata spesso al centro delle polemiche riguardanti gli incidenti e le morti bianche sul luogo di lavoro. Ciò che è passato più inosservato negli ultimi anni è, però, l'eccidio silenzioso di centinaia di tarantini ed abitanti delle aree limitrofe alle ciminiere. La recente conferma del sequestro degli impianti per «disastro ambientale» da parte del gip Patrizia Todisco è soltanto l'apice di una vicenda che per troppo tempo ha sofferto di omertà e ricatti.
È ben noto, infatti, da molti anni che i livelli di neoplasie e leucemie che colpiscono gli abitanti delle aree intorno all'Ilva ed agli stabilimenti petroliferi di Taranto risultano di gran lunga superiori rispetto a quelli della media nazionale1. Polveri rosse si accumulano sui balconi e le auto del quartiere Tamburi, ma ciò che dovrebbe ancor più preoccupare viene spesso ignorato dai media. Le polveri sottili (con diametro inferiore ai 5-10 nanometri) sono invisibili all'occhio umano e possono volare per lunghissime distanze sospinte dai venti dominanti.
Recenti studi hanno dimostrato che le polveri del deserto del Sahara raggiungono in poche settimane le foreste del bacino amazzone, al di là dell'Oceano Atlantico. Figurarsi, dunque, dove possono giungere le nanopolveri emesse dalle ciminiere dell'Ilva che processano materiali ferrosi, i quali vengono spesso trattati con sostanze altamente inquinanti come mercurio, nichel e cadmio e frammentate, fuse, riassemblate con notevoli perdite nell'ambiente.
Buona parte della provincia di Taranto (con i comuni di Laterza, Castellaneta, Mottola e Massafra in primis, dove già incide l'inquinamento dell'inceneritore di Cdu realizzato di recente) ed almeno la parte sud di quella di Bari (con i comuni di Gioia del Colle, Noci e Santeramo tra i più colpiti) si trovano ad occupare la poco invidiabile posizione di «aree di ricaduta polveri sottili». In altri termini, se è vero che la città di Taranto, oltre al vergognoso primato di città più inquinata d'Europa, è il sito di deposito delle polveri macroscopiche ferrose, capaci di provocare sindromi polmonari acute, displasie e tumori, non certo possono tirare una boccata d'aria fresca tutti i cittadini dei territori che sorgono in un raggio di almeno 100-150 km a nord-ovest (direzione dominante del vento di Scirocco da sud-est che spira per il 65% circa dei giorni in un anno nella zona) del polo tarantino.
Proprio di recente è stata registrata nelle aree rurali circostanti all'Ilva un incremento notevole negli ultimi 20 anni di tumori maligni, soprattutto a carico dell'apparato respiratorio e del sistema digerente. Se le patologie polmonari trovano una diretta spiegazione nell'inalazione di microparticelle, diossine, furani e composti organici volatili provenienti dall'area industriale, più difficile sembra il collegamento con altri tipi di tumore. In realtà, appare emergere da recenti indagini di vari enti ed organizzazioni operanti sul territorio pugliese che i livelli di contaminazione del siero caseario (e, quindi, del latte bovino) ed olio d'oliva in alcune zone della provincia di Taranto e Bari supera i limiti imposti dalle leggi sanitarie in materia.2
Il collegamento è presto fatto: sostanze potenzialmente cancerogene (ad es. diossine e polveri sottili) che fuoriescono dalle ciminiere dell'Ilva e delle altre aziende presenti nell'area industriale di Taranto potrebbero spandersi a distanze notevoli diffondendosi a maglia tra le due provincie di Bari e Taranto e contaminare le colture cerealicole ed olivicole. Poiché i composti inquinanti industriali hanno una struttura liposolubile (capace, cioè, non solo di sciogliersi nei grassi, ma anche di passare la barriera cellulare lipidica e modificare direttamente il Dna), è probabile che l'elevata quantità presente nei suoli di ricaduta dei fumi e delle polveri possa finire, attraverso la catena alimentare, nel grasso latte vaccino ed all'interno delle olive (ricche di grassi vegetali, gli oli appunto). Questa eventualità, spesso passata inosservata e ricordata solo in casi eclatanti come la «mozzarella alla diossina campana», è invece un pericolo assai comune ed uno dei più gravi potenziali effetti collaterali dei molti anni di inquinamento atmosferico provocato dall'Ilva.
Se a tutto questo si aggiunge la contaminazione idrica dovuta allo scarico sia di acque di raffreddamento nei corsi d'acqua ed in mare, sia di un sistema di depurazione che non può rimuovere le ingenti quantità di metalli pesanti di risulta dei processi industriali, si ottiene un quadro ancor più desolante e completo di quanto passato nei molti speciali dedicati da tv e giornali nazionali.
L'assurdità della vicenda sta nel fatto che soltanto l'azione di magistrati coraggiosi, nonostante gli anni di battaglia delle associazioni ambientaliste e di molti cittadini di Taranto e dintorni, è riuscita ad aprire un dibattito su un'azienda che per anni ha operato indisturbata avvelenando un territorio meraviglioso come quello del golfo ionico e dell'entroterra barese. Il vergognoso della vicenda, invece, è che partiti politici che da sempre hanno volontariamente ignorato la problematica e non sono mai stati interessati alle vicende ambientali del Paese si ritrovino oggi a contestare le decisioni dei giudici rei, a loro dire, di minacciare la già precaria situazione economica e lavorativa del paese.
Ancora una volta, come ai tempi delle miniere (tempi che non sono mai finiti, ma sono stati semplicemente posposti in altre aree più povere del Mondo), il ricatto del lavoro prevale sulla tutela della salute e dell'ambiente.
Lo stesso Governo, capitanato dal molto poco ambientalista ministro dell'Ambiente Corrado Clini, si è schierato in prima linea contro la magistratura criticando la brutalità dell'intervento e la chiusura degli impianti. D'altra parte da un Ministro ed un Capo di Governo che, ancora, nonostante le evidenze del fallimento del modello di sviluppo economico-capitalista invocano crescita e consumi per uscire dalla crisi, non ci si poteva che aspettare simili affermazioni ed azioni. Ci si potrebbe attendere addirittura che il ministero dell'Ambiente italiano inizi uno sciopero bianco sino alla riapertura degli inquinanti reparti siderurgici. Questa presa di posizione del Governo ben poco lungimirante e tipica degli economisti che antepongono il profitto a tutto il resto, è l'aspetto più inquietante della vicenda. Tra le motivazioni del sequestro, infatti, vi è la reiterata inazione dell'azienda al risanamento ed alla bonifica delle aree inquinate oltre all'assenza di interventi per limitare le emissioni inquinanti degli impianti, negli ultimi dieci anni. Anni in cui l'attuale ministro Clini era direttore della divisione competete del ministero dell'Ambiente e non risulta che all'epoca si sia tanto scandalizzato del disastro ambientale in corso a Taranto.
È ovviamente sacrosanto tutelare i diritti dei lavoratori ed è l'azienda a doverlo fare. Basta ricordare che la normativa europea e le successive leggi italiane prevedono che spetti alle aziende inquinanti il risanamento con bonifica delle aree inquinate, il risarcimento dei danni alle persone colpite e per l'inquinamento causato ed è, pertanto, l'Ilva a dover coprire le spese per gli stipendi dei dipendenti attualmente senza lavoro, che per anni hanno subito in prima persona e sui propri famigliari i danni delle emissioni nocive.
L'Ilva dovrebbe risarcire i lavoratori dei danni subiti e potrebbe impiegarli, pagando ovviamente il loro stipendio, per le operazioni di bonifica degli impianti. Allo stesso tempo dovrebbe essere categorico e non opinabile, come assurge la classe dirigente del Paese, che gli impianti debbano restare chiusi sino alla totale bonifica (semmai questa fosse davvero possibile) e dovrebbero riaprire soltanto ad avvenuto adeguamento per limitare al minimo l'inquinamento.
Questo ennesimo capitolo di devastazione dell'ambiente naturale e diniego della salute umana quale bene primario da tutelare, dimostra ancora una volta quanto l'aspetto economico sia dissociato da quello ecologico. Soltanto assicurando il mantenimento dell'ambiente naturale, e quindi anche della salute umana, si possono garantire adeguate condizioni di lavoro che migliorino la vita di tutti.
L'ossessione per la crescita, proposta da ignoranti e ciechi economisti ortodossi, sta portando alla riduzione della considerazione del lavoratore, del cittadino e dell'ambiente naturale a semplici beni di consumo per raggiungere l'obiettivo orbo dello sviluppo. Dove porti questo sviluppo nessuno lo sa.
Forse, per una volta, Taranto ha da insegnare qualcosa all'Europa che non sia un nuovo limite di inquinamento da superare: la spinta alla crescita basata solo sugli interessi economici e di profitto, che prevaricano la salute delle popolazioni e minacciano l'ambiente, porta inevitabilmente allo scontro finale, dove tutti ne escono perdenti. La capitale ionica dell'antica Grecia rischia in un colpo solo di perdere migliaia di posti di lavoro ed una delle più grandi aziende del paese.
Ciò che ha già perso, d'altronde, non può giustificare l'apertura forzata di impianti che continueranno ad inquinare indisturbati come fatto negli ultimi vent'anni. Ciò che ha perso è la vita dei malati di tumore al colon ed ai polmoni, dei bambini prematuramente scomparsi per leucemia, degli operai travolti dall'abominevole furia della produzione e la natura, che ai tempi della Magna Grecia faceva di Taranto e dintorni un vanto per l'intero regno ellenico, e che ora è ridotta ad un cumulo di polvere rossa a ricoprire pallidi ulivi ed aridi pascoli.
1 Secondo uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione si registra nell'area del tarantino un «eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute».
2 A tal proposito, una buona base d'indagine scientifica, per dimostrare una volta per tutte il collegamento diretto tra emissioni dell'impianto ed inquinamento ambientale, sarebbe l'avvio di un'indagine sotto forma di questionario per i cittadini da parte delle associazioni interessate. Si potrebbero consegnare formulari con domande specifiche sullo stato di salute dei componenti di ogni famiglia e dei casi di inquinamento riscontrati, a gruppi selezionati di persone che risiedono in aree dal raggio sempre più ampio rispetto all'Ilva (ad es. a 10-20-40-50-70-10 km di distanza dagli impianti) e valutare la variazione statistica di neoplasie, leucemie, sindromi polmonari incidenti sulla popolazione, correlandole alla distanza dall'industria ed agli effetti sull'ambiente, es. qualità del siero caseario e dell'olio d'oliva.
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giuseppe nuovo
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Inserito il - 20/08/2012 : 19:00:58
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Una lettera che dice tutto con linguaggio pulito, trasparente... da mandare a tutti i venditori di fumo
http://tvtaras.blogspot.it/2012/08/...tml?spref=fb
UNA GENOVESE SCRIVE AI TARANTINI
Non sono mai stata a Taranto, ma sono nata 40 anni fa a Cornigliano (Genova) e lì ho vissuto per oltre 20 anni, davanti alla mostruosa acciaieria, che ha distrutto per sempre un quartiere che all’inizio del secolo scorso era tra le più rinomate località balneari della Liguria.
Ero solo una bambina o un’adolescente poco consapevole, ma ricordo bene le lotte delle donne di Cornigliano per porre un limite al mostro che si mangiava le nostre vite.
Ricordo i tanti giorni in cui si respirava una puzza acre e si dovevano tenere chiuse le finestre, ricordo la polvere nera, grigia, rossastra, che si posava ovunque, sulle persiane, sui vetri, sul bucato e i sui nostri polmoni.
Per protesta si appendevano le lenzuola bianche alle finestre e in breve tempo diventavano grigie di veleno.
Allora non c’era internet e se il benzene aveva sforato i limiti di decine di volte, si veniva a saperlo (mica sempre) dopo mesi e mesi che l’avevamo già respirato… Ricordo i botti delle esplosioni, e le nuvole di fumi che si levavano immense, illuminate dalla luce arancione industriale; mio padre mi spiegava che i fumi peggiori però erano quelli che non si vedevano, che uscivano di notte.
Mio padre per un periodo aveva lavorato a quella che allora si chiamava Italsider (oggi Ilva): per sua fortuna lavorava negli uffici, ma qualche volta era entrato nella zona di lavorazione e raccontava che sembrava di essere arrivati all’inferno.
Mio padre ogni estate cercava di portarci via per respirare un po’ di aria sana almeno qualche mese all’anno. Andavamo in affitto in un modesto appartamento in campagna in Piemonte e quando arrivava settembre e dovevamo tornare a casa io e mia sorella piangevamo.
Mio padre è già stato operato per due tumori, magari il benzene non c’entra, ma chi lo saprà mai?…
Coi miei genitori abbiamo dovuto aspettare più di 20 anni per poterci permettere di scappare dall’inquinamento e cambiare casa, per trasferirci in un piccolo appartamento un po’ più lontano da quell’aria avvelenata contro la quale non c’era difesa.
Eppure, senza le acciaierie invece saremmo stati ricchi: i miei nonni nel secolo scorso avevano costruito ed erano proprietari di interi palazzi a Cornigliano, in riva al mare.
Poi la vista mare si è trasformata in vista altoforno e quei palazzi nel giro di pochi anni non valevano più nulla. Ma quando dico nulla intendo proprio nulla, li abbiamo venduti tutti per poche lire e tolti i debiti e le spese non c’è rimasto niente.
Nessuno ha mai ripagato i corniglianesi di tutta quella loro ricchezza persa. Persa, perché qualcun altro si è voluto arricchire sulla nostra pelle.
La famiglia Riva si è arricchita, producendo senza volere spendere il necessario per i filtri e la tutela dell’ambiente. Erano pochi spiccioli in confronto ai loro guadagni, ma chi è accecato dalla sete di profitto cerca di ridurre ogni spesa, anche se a scapito della salute della gente. La famiglia Riva si è arricchita, migliaia di operai hanno lavorato, certo, sebbene in condizioni disumane, ma dall’altra parte migliaia di famiglie a Cornigliano hanno perso, oltre che la salute, il valore delle loro case, dei loro negozi, delle loro attività imprenditoriali.
Hanno dovuto scappare, chiudere, ammalarsi. I bei negozi della mia infanzia a Cornigliano non esistono più. Ora ci sono solo supermercati latinos, macellai halal e doner kebab… Cornigliano è diventata un ghetto per stranieri, per i vecchi e i più poveri che non possono scappare.
Dal 2002 l’altoforno è stato finalmente spento, sono rimaste solo le lavorazioni a freddo, ma il quartiere non si è mai più ripreso. Eppure come era bella Cornigliano prima delle acciaierie! Mio zio mi mostra le foto della spiaggia dove facevano il bagno con quei buffi costumi di settanta anni fa, sullo sfondo il maestoso castello Raggio, proteso in mezzo al mare. Hanno distrutto tutto, spiaggia e castello, in nome del progresso (?) e dell’industria.
Lo zio, così come i miei, sono riluttanti a parlarne, sento che dentro di loro c’è ancora un dolore pungente, una rabbia forte per quello di cui sono stati derubati, per quello che è stato consentito, per uno stato che non li ha protetti e salvaguardato i loro interessi.
Vi chiedo allora: quei posti di lavoro in acciaieria valevano tanta distruzione? Senza neanche considerare il valore inestimabile della salute e dell’ambiente, se facessimo un bilancio tra la ricchezza guadagnata dalla popolazione (salari dei lavoratori) e quella persa da tutto il quartiere, dove starebbe l’ago della bilancia? Io la mia risposta me la sono già data…
E così quando oggi sento che il governo vuole fare ricorso contro il giudice che finalmente a Taranto ha avuto il coraggio di fare quello che altri avrebbero dovuto fare da anni … Ecco, mi sembra che il mondo vada a rovescio, mi pare che siamo tornati indietro di un secolo riguardo alla difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Mi prende lo sconforto, mi sento una cittadina tradita e soffro come se a Taranto ci abitassi anche io…
14/08/2012 - Silvia Parodi
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Inserito il - 20/08/2012 : 19:03:15
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COMUNICATO STAMPA di Peacelink e Fondo Antidiossina Taranto Onlus (che Argonauti.org sottoscrive)
Le motivazioni del Tribunale del Riesame sono chiarissime: la produzione dell'Ilva va fermata perché è un pericolo per la salute. E' esattamente quanto sostenevamo noi. Non era difficile intepretare il testo in italiano del dispositivo del Tribunale del Riesame. E, tuttavia, da parte di Vendola e di Clini, vi era un susseguirsi di dichiarazioni forse fatte appositamente per con fondere le acque. Sembrava che non volessero capire. E' stato penoso ed anche molto sgradevole vederli snaturare ed alterare i testi della magistratura.
E ora che è tutto chiaro, una volta per tutte, i lavoratori capiranno che il lassismo del mondo politico, soprattutto quello compiacente, ha generato questo stabilimento abnorme che fuma e inquina davanti alle nostre case in modo intollerabile per la salute. La fabbrica dei veleni, per tanto tempo nascosta, è ora lì, e va fermata.
Ora l'AIA andrà rilasciata a impianti fermi e adottando solo le migliori tecnologie, sempre per chi nutra ancora la speranza, per noi a questo punto vana, considerando che un impanto di siffatte dimensioni e vicinanza alla città, possa essere mai ecocompatibile. Basta morti in nome del profitto e si lasci spazio alla bonifica dei suoli, una operazione gigantesca che potrà dare lavoro a migliaia di operai.
Alessandro Marescotti - Peacelink Fabio Matacchiera - Fondo Antidiossina Taranto Onlus
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Inserito il - 01/09/2012 : 23:05:54
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FINALMENTE
http://www.inchiostroverde.it/news/...inerali.html
Sequestro Ilva, si passa alla fase operativa. Blocco per i parchi minerali 1 settembre 2012 20:14
TARANTO – «I provvedimenti da attuare in via definitiva stabiliscono due principi fondamentali: non c’è facoltà d’uso e vanno eliminate le emissioni inquinanti. Quello che si potrà fare dopo per recuperare o meno questi impianti e renderli ecocompatibili non riguarda l’autorità giudiziaria. Sono decisioni inerenti la strategia aziendale». Lo ha dichiarato il procuratore capo Franco Sebastio al termine della riunione con i custodi Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ai quali sono state affidate le aree del siderurgico poste sotto sequestro per inquinamento.
Proprio Ferrante, mezz’ora prima, aveva detto ai giornalisti che l’attuale attività produttiva dello stabilimento è una conseguenza della necessità di tenere in funzione gli impianti per consentire gli interventi di ambientalizzazione. Una dichiarazione che Sebastio ha commentato in modo perentorio: «Ribadisco che il provvedimento del gip, integrato dal provvedimento del Tribunale del Riesame, è chiarissimo: non c’è facoltà d’uso, non si può produrre».
Durante la riunione, durata circa tre ore, i custodi hanno depositato le ultime relazioni. Inoltre, sono stati valutati, in via definitiva, tutti i provvedimenti finora adottati. «Nel giro di qualche giorno si passerà all’attuazione delle misure, con modalità che saranno decise e poste in essere dai custodi amministratori. Tutte le misure sono urgenti – ha aggiunto Sebastio – non ce n’è una che ha la priorità sulle altre».
Ed ha continuato: «In questo mese i custodi hanno lavorato in maniera continuativa e indefessa. Le ultime due relazioni sono dei libri. Da ciò si desume la complessità del lavoro svolto». In merito alla partecipazione del presidente dell’Ilva (con funzioni amministrative e contabili), Sebastio ha detto che “Ferrante ha assicurato la massima disponibilità ai fini di una collaborazione proficua nell’espletamento dei compiti dei custodi”.
Il passaggio saliente, però, è un altro: finalmente si passa alla fase operativa. In merito ad un ridimensionamento della produzione, Sebastio ha invitato ancora una volta i cronisti a leggere il provvedimento del Riesame che non prevede alcuna facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sottoposti a sequestro: «Il gip prima e il tribunale del Riesame poi hanno detto che non esiste. Il resto lasciamolo fare ai custodi».
Sui costi degli interventi da mettere in atto per adeguare gli impianti Sebastio non si è pronunciato. Ha preferito, invece, rivelare un interessante dettaglio della relazione messa a punto dai consulenti della Procura: «Se l’azienda dovesse decidere di attivare i lavori per rendere ecocompatibili gli impianti si avrebbe non solo la necessità di utilizzare l’intera forza lavoro attualmente in carico allo stabilimento, ma si dovrebbe anche attingere dall’esterno per acquisire ulteriori risorse. Si realizzerebbe un indotto costituito da alcune migliaia di lavoratori in più». Lavoratori che non sarebbero utilizzati per produrre acciaio, quindi, come ribadito dal procuratore Sebastio, ma solo per l’attività di ambientalizzazione».
Interessante è ciò che emerge in merito ai parchi minerali. «Nei loro confronti vige il blocco: non si potrà scaricare più altro materiale. Resta il problema di eliminare quelle masse sterminate di polveri di minerale attualmente esistenti. I tecnici stanno studiando la maniera per ridurre quelle montagne che non possono rimanere così. Sono già stati studiati degli interventi per eliminare lo spolverio del minerale che da sempre sta lì».
Insomma, le parole di Sebastio fanno intuire il colossale lavoro che si prospetta sia per i custodi che per l’Ilva. Ci sarà la reale volontà dell’azienda di investire in attività di ampia portata e dal notevole impatto economico? Sarà disponibile a seguire il percorso dell’ambientalizzazione prospettato dai consulenti della Procura acquisendo addirittura nuova manodopera? E’ questo il nodo cruciale. E’ questo l’interrogativo che rimane sospeso nell’aria mentre il procuratore Sebastio si avvia verso l’automobile che lo porterà a casa.
Alessandra Congedo
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